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UN'OCCASIONE PERDUTA
13 aprile 2005
La stagione 1984 era iniziata bene, un terzo assoluto dopo aver alacremente battagliato tutta la notte con la Lancia Rally dei fratelli Boretti al rally del Gran Sasso pareva consacrare la nuova Citroen Visa Mille Piste 4x4 come una vettura piuttosto performante.

La Citroen aveva prodotto una versione a trazione integrale della Visa Crono anche questa in gruppo B, ne uscì una vettura interessante ma l’unico particolare che fu realmente una brutta idea fu il motore, avevano mantenuto il vecchio 1.360, portato a 1.440 c.c. a carburatori, che a sudare 12 camicie e misurato con banchi piuttosto generosi, dava forse più o meno 140 cv. Tuttavia nonostante questo handicap, in qualche occasione la piccola “béte” rompeva le tasche a vetture ben più potenti permettendomi di prendere anche qualche bella soddisfazione, come ad esempio la prova speciale vinta al Piancavallo davanti a tutte le Lancia Rally 037.
Purtroppo il campionato Open, il CIR di allora, quell’anno disputava gare estremamente lunghe come mai fu nella storia dei rally e la piccola vettura ad un certo punto alzava irrimediabilmente bandiera bianca, semiassi, differenziali, ripartitori di coppia e quella volta a Sanremo fu anche una circostanza piuttosto sfortunata a fermarci in una delle gare più importanti del panorama rallistico.

La notizia arrivò come sempre per telefono, la Citroen Francia mandava a Sanremo i suoi tre piloti ufficiali e noi ovviamente con la vettura della filiale italiana (curata da Nocentini) dovevamo per forza star davanti a loro, era una questione di orgoglio.
Rio, Chomat e Wambergue neanche mi guardavano mentre scendevano dai loro muletti perfettamente identici ai gara, loro viaggiavano con il naso per aria, un po’ come fanno tutti i francesi nei riguardi dei cugini (poco amati) d’Italia.
Mi presentai nella hall di un mediocre hotel ligure e addirittura uno dei tre si girò dall’altra parte fingendo di non vedermi cercai di salutare cordialmente, ma si vedeva che già si sentivano superiori.
Si parlava di una BX gruppo B da assoluto e la voglia di saltarci su era grande per tutti.

Andammo molto male con le ricognizioni della terra, il nostro muletto che aveva fatto tutta la stagione precedente ed era ormai alla frutta ci piantò a Monte San Savino, si ruppe una forcella del cambio quando non eravamo riusciti a vedere tutte le prove speciali, ce ne mancavano alcune nuove dalle parti di Arezzo. Provai di tutto, ma nessuno era in grado di aiutarmi, Brugnotti della Citroen-Italia che bombardai al telefono si può dire notte e giorno si impegnò moltissimo a reperire il pezzo mancante

 

 

 

 e a farlo arrivare con sollecitudine all’officina dove eravamo fermi, ma passarono due giorni e il nostro piano ricognizioni andò a monte, dopo tre giorni dovevamo essere a Sanremo per le verifiche, non ci restava proprio il tempo.

Quando ci presentavamo in qualunque autonoleggio e vedevano i nostri nomi ci ridevano in faccia. “Mica siamo grulli a dare una macchina a voi” Ci rispondevano, capendo chiaramente che fine avrebbe fatto la loro povera auto. Inoltre la squadra non ci avrebbe dato i soldi per noleggiare la macchina e noi con i nostri non saremmo neppure riusciti a rientrare in treno.
Alla fine riuscii a commuovere un privato che mi diede il Transit di un albergo, sotto minaccia di morte se avesse trovato anche solo un granello di polvere sotto i passaruota, “Promettete che non andrete nelle speciali!” Tuonò minacciosamente dandoci le chiavi.
Ovviamente, dieci minuti dopo eravamo già a fare le note delle prove che ci mancavano, addirittura di notte per recuperare il tempo perduto e non farci vedere dal solerte noleggiatore sempre in agguato a seguire le nostre mosse, ricordo bene che tra i fari che non illuminavano un bel nulla e le strade piuttosto complicate riuscimmo a fare a malapena un confuso passaggio.
Furono due giorni da incubo ma la cosa più difficile fu lavare perfettamente il malefico furgone per togliere ogni traccia di sterrato. Non mi era mai capitato di provare un rally in un furgone, ma vi assicuro che l’esperienza non è delle più belle, il povero Loris con la pila in bocca scriveva le note, l’accensione della luce interna offuscava quel poco di fari che esistevano, oscurando la già precaria visibilità.
Quel Sanremo aveva la solita cinquantina di prove speciali che per la maggior parte non si ripetevano e noi eravamo partiti tardi a provare per una discutibile politica di risparmio che quell’anno era saltata fuori improvvisamente nella gestione della squadra.

La parata di vetture al via era imponente, le bellissime Audi Quattro corte in livrea HB, una valanga di Lancia tra Martini, Totip, Olio Fiat, Goldie... e le due bellissime Peugeot T16 di Vaatanen e Nicolas spiccavano dietro le transenne del parco chiuso mentre aprivo le porte della Mille Piste per mettervi dentro i caschi, preparandomi all’emozionante rituale della partenza. Il Sanremo aveva sempre portato bene e nei due anni precedenti avevo piazzato un decimo ed un undicesimo assoluto con la due ruote motrici risultati molto importanti anche perché davanti avevamo solo dei mostri irraggiungibili con i nostri mezzi, risultati che avevano fatto gridare al miracolo e che mi avevano fatto conoscere al grande pubblico che allora seguiva numeroso le gare.

Il rumore dell’Audi corta era a dir poco una sinfonia e sentirlo salire da Carpasio verso il Colle d’Oggia inseguito dal metallico ronzio delle 037 mi emozionava tantissimo, lo ascoltavo mentre preparavo il casco e il sottocasco per salire a mia volta lassù in mezzo a migliaia di spettatori affrontando il giudizio del cronometro e degli esperti assiepati in massa. Credo che quegli anni siano stati in assoluto gli anni con la maggior presenza di pubblico, non ho mai più visto nemmeno la minima parte di quella incredibile marea che si riversava sulle speciali.

La salita di Carpasio fino al colle è sempre stato un supplizio per chi come me aveva pochi cavalli, ma poi quando si entrava in quella sinistra che chiude prima del colle e davanti allo sguardo si presentava il bivio e il canyon del colle d’Oggia costellato di migliaia di persone accampate, l’adrenalina saliva a livelli pazzeschi e l’idea di buttarla giù dalla discesa di Ville diventava una necessità di rivincita per quello che si era patito durante l’orrenda salita e ci si sparava pieni pelando i muretti e poi il vuoto, poi l’abbeveratoio dove si scivola ancora adesso e la staccata una lotteria, con un asfalto vecchissimo che si sgretolava, il bosco con le sue insidie e le curve che ingannavano chiudendo viscide e poi più giù le gomme fuori, i freni che mollavano e il cercare di tenerla a tutti i costi fino al tornante a sinistra dove immediatamente dopo con sollievo finiva la prova.

“Come siamo andati” dissi a Loris ansimando, mentre lui dava la tabella allo stop attraverso il piccolo finestrino quadrato scorrevole che tanto faceva gruppo B, il sudore entrava da sotto il casco negli occhi bruciando un po’ e lo asciugavo con lo scamosciato dei guanti.
“Bene, bene! Siamo andati forte…” Disse senza scomporsi come di sua abitudine, mentre facevo indietreggiare lentamente la piccola Mille Piste per non bruciare i freni che fumavano e puzzavano in maniera impressionante.
“Credo che sia un bel tempo, ora andiamo svelto” prendeva la radio e comunicava che avevamo terminato la prova senza problemi, si saltava l’emergenza, solitamente un Break con a bordo due meccanici onnipresenti che ci seguivano con mille acrobazie fino al furgone di inizio prova e lì si faceva assistenza per tutti i minuti che c’erano di anticipo, calcoli sempre macchinosi, ma che i navigatori “giusti” facevano con incredibile precisione lavorando ad ogni bivio del road book e permettendo gli interventi fino all’ultimo secondo.
Quattro/cinque prove in rapida successione e poi un po’ di tempo in più prima di affrontare la lunga trasferta per la Toscana.
In quella gara avevamo anche l’equipe medica che ci seguiva, ma più di qualche bustina effervescente non prendevo, poi in toscana quando davvero servivano non si videro più…

“Come siamo messi Loris?”
“Bene, bene il primo francese è Wambergue a un minuto e quindici, solo sulla prima gliene abbiamo attaccati ventuno”
“Per fortuna che dicono che sia una macchina solo da terra” ridacchiava Mauro Nocentini orgoglioso del lavoro fatto, in effetti tutti erano stupiti dei tempi che avevamo fatto sul prologo ligure.
“Sulla terra sarà più difficile, conosco meno le prove e alcune non le ho nemmeno viste, loro hanno consumato le strade con i muletti, se solo avessimo avuto qualche giorno in più invece che provare con quel cazzo di Transit.” Polemizzavo con Verini che fumando la pipa fingeva serio di non sentire.

E terra fu, l’alba rosseggiava dietro l’hotel Continental a Tirrenia nel quale eravamo riusciti anche ad avere una stanza per due ore, il tempo necessario per cambiare gli ammortizzatori e poi via Santa Luce, Riparbella, Ulignano, Palagione e via più giù La Selva, Casole, Chiusdino, Anqua, Radi, Murlo, Montalcino, Buonconvento e molte altre che purtroppo non ricordo più, fino allo stop serale a Siena in piazza del Campo, una giornata intensissima fatta di prove in successione, ingorghi galattici, si arrivava coperti di terra, con gli occhi che bruciavano e le mani che dolevano dopo 16 ore filate di rally vero, con un solo riordino, senza mangiare, bevendo solo acqua e senza dormire dal giorno precedente.

Le classifiche arrivavano una volta ogni tanto, ma Loris che era un vero navigatore sapeva i tempi di tutti in ogni momento, era incredibile lui scendeva dalla macchina e in pochi minuti aveva la classifica in matita su quei fogli prestampati dell’Olio Fiat che solo quelli “giusti” avevano. Quando passammo sulla pedana nella celebre piazza del Campo stupendamente illuminata eravamo decimi assoluti, primi dei “normali” con il primo francese, Chomat a più di un minuto, avevamo tenuto bene nonostante un

 

 

 

inconveniente in un guado dove la macchina aspirò acqua dalle trombette e borbottò a due e tre cilindri per tutta la prova, rischiammo anche di fermarci appena fuori dall’acqua perché si spense e solo dopo ripartì miracolosamente lasciando lì un minuto però.
Anche sulla terra facendo il saldo li avevamo messi dietro.
Rio, quello più forte sullo sterrato, dopo tre prove in cui aveva tentato un attacco l’aveva ridotta male e Wambergue era più indietro e non riusciva a tenere il nostro passo.
Davanti a noi Nicolas con la T16 dietro Grissmann un ex sciatore con un Audi quattro ex casa ancora colorata HB che non andava per nulla piano e via via tutti gli altri.
Mi fece un effetto strano vedere Nicolas che partiva un minuto davanti a me con quell’aereo e la differenza di accelerazione nella partenza tra il suo mostro e il mio “Girmi” mi lasciava avvilito ogni volta che lui lasciava il pedale della frizione.
Verso la fine della tappa trovammo anche il tempo di prendere un palo della luce sulla portiera.
Il fondo velocissimo della prova di Buonconvento aveva già fatto una vittima illustre, Vuda e la sua 037 si erano polverizzati nello stesso posto dove Zanussi l’anno prima aveva disintegrato lo stesso tipo di vettura. Quando arrivammo si vedevano solo pezzi di plastica in giro, sembrava la scena di un disastro aereo, la cellula della Lancia rally sembrava una palla senza più nulla attorno, noi passammo in tromba, vedendo che già c’era della gente e nessuno segnalava problemi.
Poi proprio sul finale della prova su una sinistra lunga, mi scappò di piatto e colpimmo il palo con la posteriore destra, in mezzo ad almeno 5.000 spettatori che urlavano eccitati. Non ci costò molto e anche come danni non fu nulla, ma mi accorsi che le note in quelle prove erano davvero poco precise erano quelle che avevamo stilato col furgone, e per la tappa del giorno dopo ero sicuro in una rimonta di Chomat che partiva un paio di numeri dietro a noi. Lì avremmo dovuto cercare di tenere un passo senza esagerare per poi tornare verso Pisa e di seguito a Sanremo dove avremmo regolato i conti sull’asfalto.
“Anche se ci prende e ci passa lo riprendiamo poi in Liguria, nelle Ronde lo facciamo secco come abbiamo fatto gli anni scorsi con gli altri due, lascia che vada…” La saggezza di Loris non trovava obiezioni e in effetti mollai, tanto che il francese si avvicinò di molto.
“Ora occhio che questa non la conosciamo per niente, vai piano perché è l’ultima della serie” Mi raccomandò alla partenza della prova di Ciggiano, una prova inserita per il primo anno e che poi restò e diventò una classica della gara per molti anni.
In effetti partii con un passo simile a quello che avevo tenuto prima senza curarmi troppo del francese, ormai le prove di terra stavano per terminare e poi in Liguria sapevo cosa potevo fare eravamo molto ottimisti ma forse poco concentrati per il voluto rallentamento.

A circa metà prova c’erano dei salti sui quali si arrivava in pieno e su uno di questi la vettura si sbilanciò rimbalzando verso l’esterno, non li avevo valutati bene con il furgone e di notte, non li avevo nemmeno segnati sulle note, la macchina prese il primo, atterrò sul secondo e rimbalzò di traverso, non sarebbe stato un grosso problema se all’esterno della curva non ci fossero stati due fotografi che stavano riprendendo la scena.
Lì colpii entrambi buttandoli in mezzo agli arbusti.
Subito non mi resi neanche conto di quanto accaduto e cercai la retromarcia per da lì uscire e rientrare in strada, ma immediatamente dopo Loris disse:
“Fermati ne abbiamo presi due!” Avremmo potuto ripartire con una perdita di tempo ridicola ma il fatto di aver investito due persone mi sconvolse.

Cercammo di renderci conto della situazione che al primo momento sembrava drammatica “Vai e ferma la prova fai arrivare l’elicottero svelto!”
Sul ciglio della strada alcune persone alle quali chiesi invano di aiutarmi a girare uno dei due che stava per soffocare, nulla, nessuno mosse un dito, anzi ci fotografavano indisturbati…
Loris tentò di fermare Grissmann ma questi nemmeno si accorse di lui e a momenti lo travolse, Chomat invece se ne accorse molto bene, tanto che rallentò e passò attorno a Loris che invano cercava di fermarlo, per riprendere la corsa più forte di prima, passò anche un altro tedesco che ora non ricordo chi fosse e finalmente Loris riuscì a fermare Raineri che era il primo italiano dietro a noi, con la radio chiamò immediatamente l’elicottero della Lancia e solo grazie a questo pronto intervento i due ebbero i soccorsi che immediati.

Un diluvio si riversò sull’ultima tappa, mentre stavo da Dall’Ava a cenare con Tiziano Biasioli e signora titolari dell’agenzia cui i fotografi facevano parte, avevano voluto starmi vicino, furono davvero importanti per farmi superare quel brutto momento, fuori le due ronde si disputavano sotto un diluvio universale.
Rohrl e Cerrato picchiarono duro nella discesa che va a Perinaldo, Vaatanen nella stessa pozzanghera si girò e ruppe tutti i fari ma se la cavò e vinse la gara, anche la fortuna gioca sempre la sua parte in tutte le gare del mondo, cieca e sadica protegge i potenti e castiga i poveri.

Da casa, con rabbia e malinconia guardavo i giornali con le foto del biondo finlandese che si beveva il solito bicchierone di latte, a conti fatti avrei potuto acciuffare un settimo/ottavo posto assoluto, anche perché tutti e tre i francesi si fermarono, Chomat ruppe il motore subito dopo il mio ritiro e Wambergue il ripartitore di coppia sull’asfalto finale, ma in ogni caso era troppo indietro per darci fastidio.
Se solo non avessimo provato con il Transit probabilmente le cose avrebbero preso una piega del tutto differente, permettendomi di valutare meglio quei salti.
Fu l’ultima gara con la Citroen dopo tre anni stupendi fatti di grandi risultati, andai alla Ford che da tempo mi schiacciava l’occhiolino.

L’incidente fu una delle cause che ruppero quell’equilibrio piuttosto precario che si era creato durante la stagione a causa della loro scelta di mettere tutte le risorse per cercare di perseguire un inutile quanto banale campionato femminile e non di sfruttare al massimo la potenzialità di quella vettura che faceva entusiasmare il pubblico e piazzava zampate clamorose, feci solo cinque gare con un unico arrivo il terzo assoluto di Teramo, tranne a Sanremo la vettura si fermò sempre per problemi meccanici, 
ma non prima di aver segnato tempi incredibili, ancora oggi il pubblico che allora seguiva le gare si ricorda di me e della piccola Mille Piste, fu una grande occasione perduta.