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 1973
 24 aprile 2009
 

Sai mi fa un certo effetto vederti venire verso di me, mi guardi e sorridi mettendo la tabella su quella tasca grande che c’è sulla tua sinistra. La tuta bianca e il sottocasco attorno al collo, sorridi e mi guardi ancora, non c’è malizia nel tuo sguardo, non so a cosa pensi ma vorrei tanto che lo fosse. Odore di freni e di benzina come sempre e da sempre, voci confuse nella mia mente che ritornano indietro improvvisamente, è come nella scena finale di un fantascientifico film, il suono, le luci e i rumori mi sparano indietro, torno indietro, indietro… indietro… indietro come in una pellicola già vista che non mi stanco mai di vedere ancora…

Il 1973!
Davanti a me un pulmino azzurro vomita ragazzini chiassosi, fa freddo molto freddo e sto andando a scuola, tra un compito di ragioneria e il pensiero al Montecarlo che sta partendo. Non ho la minima idea di come sia il Monte, però ho letto tutti i giornali esistenti e ascoltato tutte le trasmissioni possibili e immaginabili, i canali TV sono solo 2 e per sintonizzarsi sul secondo canale bisogna girare una rotellina per diversi scatti fino a che magicamente appare la sagoma in bianco e nero dell’inizio trasmissioni, la musichetta fa schifo e una rete sale dal basso verso l’alto per un tempo interminabile fin che una cotonata annunciatrice non proclama i programmi della serata.

Il Tg sportivo si apre con la trepidante notizia, Munari e la sua Lancia Fulvia Marlboro hanno vinto la prima speciale del rally, l’Italia esulta come un gol ai mondiali perfino il telegiornale ne parla e intervista il drago con un grosso cappello di volpe in testa, Fiorio (Cesare) è raggiante si punta al bis, in casa mia ne parlano perfino mia madre e mia sorella, mio papà da alcuni anni è un Lancista convinto e ha comprato l’ultima nata e sul didietro c’è lo scudetto LANCIA vince il campionato italiano rally. Non c’era il mondiale fino al 1973 il campionato solo per marche nacque proprio quell’anno, chi aveva la Fulvia aveva una macchina da sogno era la macchina che vinceva nei rally, gare massacranti fatte da mezzi e uomini eccezionali, perfino Claude Lelouch in un film che spopolava in quei tempi raccontava la storia di “Un uomo e una donna” due che si amavano attraverso i rally con un fantastico Jean Luis Trintignant nei panni di un pilota cui la moglie si era suicidata (sempre allegri sti film) insomma vinse perfino un oscar come miglior film straniero.

Tutto aiutava a rendere i rally popolari e leggendari.
“Devono aver un bel coraggio quelli che stanno di fianco” mormorava mio padre mentre guardava le immagini della gara.
Munari non ebbe molta fortuna e il giorno dopo se ne andò dentro ad un mucchio di neve da dove uscì solo col carro attrezzi qualche oretta dopo, vinse Jean Claude Andruet con Micelle Petit “Biche” cerbiatta nomignolo dai tanti significati, lei non fu molto fortunata nella vita se non nelle varie gare che cavallo pazzo vinse rendendola famosa al grande pubblico, lui un vulcano di pazzia mista a classe inaudita sapeva far volare la berlinetta A110 una specie di bara motorizzata con l’accesso proibito a chi superava il metro e sessanta, una macchina per gnomi ma che viaggiava come un razzo. Fu una debacle Lancia e la Renault Alpine motorizzata 1800 vinse tutto quell’anno, i cambi non si rompevano più e la Fulvia era troppo poco potente e cammellona per potervi competere. Gia L’ing. Parkes e Cesare Fiorio però avevano studiato l’arma che avrebbe sconfitto, debellato, massacrato quella che in quell’anno sembrava la PanzerDivisionen…. La STRATOS.

La Stratos debuttò in novembre del 1972 in Corsica, una gara che allora era aperta anche alle gruppo 5 i prototipi, fece poca strada si ruppe di tutto e forse nessuno immaginava che questa specie di ranocchio sarebbe diventata invincibile per almeno 10 anni fino a quando i vertici della casa Torinese non decisero di toglierla dai piedi per …. Manifesta superiorità.
La Stratos fece perdere a tutti la voglia di competere, perché tanto… non ce n’era, ci salirono più o meno tutti ma gli unici due che vinsero davvero tutto, in due momenti differenti furono Munari e Darniche, davvero invincibili.

Io avevo ricevuto in regalo una BETA 125 da regolarità, avevo fatto la patente A in un rocambolesco esame a quiz in cui sbagliai una risposta e venni interrogato dalla commissione, a dire il vero quando mi chiamarono feci un infarto, ero sicurissimo di aver fatto tutto giusto e invece l’ing. Capo con fare minaccioso mi disse “Caneva di che colore sono i rinfrangenti laterali dei rimorchi ???” ricordai subito di aver scritto bianchi, rossi non erano perché sono dietro e sparai sicurissimo “Gialli perché?” L’ing restò interdetto perché non ci pensai nemmeno un secondo, ma io ero abituato a fare la faccia di bronzo a scuola con i professori ogni giorno e lui non aveva considerato.

“E….. perché hai barrato BIANCHI allora ?” Disse preso in contropiede.
“Boh io ho barrato Giallo, che ne so, avrò sbagliato casella”
“Bene bene puoi andare promosso” Replicò quasi avvilito.
Che culo mi dissi, la moto era pronta ad aspettarmi, appena potevo partivo con qualunque temperatura e mi sparavo lungo gli sterrati a far finta di guidare una 124 Abarth o una Fulvia HF ma questa già mi piaceva meno perché la moto aveva la trazione posteriore e la Fulvia no e io spazzolavo tutti nei tornanti compresi i poveri turisti che ogni tanto incrociavo nella via.

Munari mi fu presentato verso metà anno, seppi per caso che veniva qui in vacanza, non credevo ai miei occhi fino a che non feci carte false per conoscere sua cugina che poi ahimè divenne qualche anno più tardi la mia prima moglie. Scese da una Lancia Beta HPE, magrissimo e mi fu presentato, “Questo è un amico di Nicoletta” Non mi lavai la mano per non so quanto tempo e quando lo vedevo per strada sparivo dalla timidezza, i miei idoli erano lui e Thoeni due personaggi loquacissimi ai quali non avevo bisogno di forzarmi per assomigliare.

Intanto la Fulvia andava in pensione e la prima gara che vinse la Stratos fu un Rally in Spagna il Firestone, lo lessi su Autosprint che l’edicolante metteva direttamente nella casella della mia posta appena arrivava, per evitare che io andassi ogni 10 minuti a chiedere se avesse scartato il pacco, spesso lo portavo a scuola e lo leggevo sottobanco nel vero senso della parola, che passione! Ogni tanto mi beccavano e allora erano casini anche perché mia madre aveva dato ordini Kappleriani in merito. Verso la fine di agosto passava di qua il San Martino di Castrozza e per 15 giorni era un andirivieni di muletti, si faceva a gara a riconoscere i protagonisti, ci si chiamava in pochissimi minuti e poi via con la moto o con la 850 di Pasquale a vederli provare, spesso si stava sulla Valstagna fino a mattina e l’unico mezzo che passava era il lattaio, freddo delusioni ma ogni tanto la valle si illuminava improvvisamente del bagliore dei Carello o dei Cibiè che sciabolavano le due parti della vallata seguiti da un rumore immenso. “Eccolo Eccolo” ma non c’era bisogno di dirlo erano già tutti in piedi a scommettere chi fosse e poi in pochi secondi tutto era sparito, ma non la voglia di aspettare ancora.

La gara si svolse sotto una bufera d’acqua tremenda ma non perdemmo occasione per seguirla, andammo fino a San Martino e sotto il passo Cereda ad un’assistenza c’era Fiorio. “Andiamo a chiedere la classifica” dissi “Ma sei matto chiedere a Fiorio?”
“Eh beh mica ti mangia”
mi feci sotto “Buongiorno mi dice la classifica per favore?” Gli dissi senza vergognarmi.
“Munari, Pinto, Ballestrieri” Mi rispose molto gentilmente, fu la prima volta che parlai con lui, lo ricordo ancora come fosse adesso anche se il tempo passato è ormai immemorabile.

Munari vinse credo per l’ultima volta con la Fulvia, fece una gara stupenda, lui aveva qualcosa di più nella guida e io già cercavo di carpirne tutti i risvolti, mi rendevo conto che nella strada lui cercava qualcosa di più, non a caso l’anno dopo sempre al San Martino scese uno spilungone tedesco appena affacciatosi sulla scena europea tale Walter Rohrl e nella prima prova speciale quando passò dissi “Ragazzi sto qua è pericoloso guida come Munari” Fossi stato un profeta oppure abbia avuto un culo infernale solo Dio lo sa ma così fu, solo chi guida in un certo modo diventa grande e loro lo sono stati.
Appena dopo il San Martino Sandro colse forse la sua vittoria più dura il Tour de France, no non mise la maglia gialla, il tour era una gara mista pista e salita che si faceva con tappe a distanze incredibili usando come prove speciali circuiti e cronoscalate, formula che fu presa poi anche dal Giro d’Italia gara che ebbe un discreto successo per un certo periodo per poi sparire sotto lo scarpone di scelte politiche, costi e menate varie.

Quando poi negli anni a seguire strinsi una grande amicizia con il drago mi ricordo che mi diceva sempre “Tutti mi chiedono qual è stata la mia gara più dura, il Safari, il Montecarlo, il RAC… nessuno crede che la gara più dura fu il Tour de France del 73 quello che vinsi con la Stratos” e mi raccontava di dieci giorni ininterrotti di gara con trasferimenti infiniti, si appoggiava alla sedia davanti al caminetto e buttava giù un bicchiere, nei suoi occhi vedevo quella Stratos rotonda con il numero 111 schierata davanti a macchine molto più potenti ma che lui con la sua classe aveva dominato. Che pilota era il Drago! Sensibile, pignolo con una guida matematica, ma capace di improvvisare e di tenere la macchina in strada dove gli altri si ammucchiavano, che belle serate che abbiamo passato o che albe che vedevamo quando andavamo al mattino prestissimo nelle malghe a bere il latte e quanti racconti aneddoti, quanto mi ha insegnato il vecchio di Cavarzere, lui e Fiorio erano i rally, seppero vincere contro tutti e con mezzi nettamente inferiori.

Quell’anno vinse l’europeo che equivaleva al mondiale piloti, il drago era imbattibile e quando la Stratos fu pronta non ci fu storia.
Il 1973 andava verso il tardo autunno quando Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele, la guerra del Kippur che diede il via ad un cambiamento e a una crisi energetica che segnò interamente l’anno seguente, Montecarlo fu cancellato dopo che l’anno prima aveva lasciato bloccate 150 macchine in mezzo al Burzet per una notte intera, la Svezia cancellata e si iniziò una stupida politica energetica che non portò a nulla se non ad un malcontento generale, le Tv smettevano le trasmissioni alle 23, le domeniche non si circolava più, le luci spente come nel coprifuoco, alla fine non si risparmiò nulla e se si risparmiò si sperperò in altre spese, tanto per cambiare.

“Ciao io vado!” Riapro gli occhi di colpo e ti vedo di nuovo davanti a me, forse tentavi di dirmi qualcosa in più, ma dov’è andata la Stratos e dov’è la Fulvia che erano qui un secondo fa? Che cosa sono queste macchine qui? Mi guardi ancora, sorridi ancora e risali in macchina pensando forse che mi sia perduto in chissà quale storia, si hai ragione, mi sono perduto in un qualcosa che sento mio e che so che non tornerà mai più… il 1973.