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 ATTACCO DISPERATO
 1 dicembre 2008

 

In quel tempo, (tanto per prendere in prestito una frase tipica di un celebre best seller) era tra le più belle gare del campionato italiano rally. Il Rally delle 4 Regioni era una delle gare più difficili dell’intero panorama rallystico europeo, strade tortuose a volte molto veloci, con tratti sporchissimi e passaggi da brivido, una gara lunghissima estenuante, corsa prevalentemente di notte in posti sperduti dove a volte durante le ricognizioni ti assaliva il pensiero di restare a piedi in mezzo a quelle lande sperdute e considerare che forse ti avrebbero ritrovato dopo qualche giorno.

Avevamo fatto più della metà delle note in una lunghissima giornata in cui io e Loris eravamo partiti ad un orario da vampiri con la 112 muletto, percorso più di mille km e ritornati a tarda ora a casa, l’altra metà l’avremmo fatta qualche giorno prima della gara, non avevo ne’ tempo ne’ soldi per poter provare in maniera decente quella gara, per quanto il Jolly Club mi avesse dato una grossa mano dandomi vettura, gomme, rialzi, assistenza, iscrizioni a me restavano fuori le spese vive e “In quel tempo” voleva dire mangiare pane e salame un giorno si e tre no.

Le prime tre gare erano andate benissimo, secondo in Targa, Primo in Costa Smeralda e secondo all’Elba, dove avevo perso più per mia volontà e per una straordinaria apparizione di Bortoletto, che mai più rividi durante il trofeo, che mi disse “Va benissimo che arrivi secondo, tanto Cinotto non finisce la gara ha la macchina aperta in due e poi per il campionato va benissimo così” Io per prima cosa rimasi stupito che lui, che teoricamente era il anche il mio DS si interessasse a me che partivo in fondo alla gara seppur davanti a tutti i numerosissimi trofeisti, così me la presi con comodo anche perché pensavo seriamente che se avessi fatto un errore oppure provocato un cedimento meccanico mi avrebbero poi attaccato loro al gancio dei salami.

Il 4 Regioni inaugurava la stagione delle gare in terraferma dopo le tre isole, a me le strade piacevano moltissimo, l’anno prima pur combinandone di tutti i colori e perdendo un “centinaio” di minuti dentro un fosso avevo fatto dei bellissimi tempi, vincendo anche qualche speciale, mi sentivo in forma e motivato nonostante il direttore della banca mi telefonasse ogni tre giorni per farmi notare che la sua Banca non era lo sponsor del Trofeo A 112 e c’era qualche milioncino da versare, per questo avevamo ridotto all’osso le ricognizioni anche perché come non bastasse oltre all’arcigno direttore c’erano anche i miei che osteggiavano questa mia pazzesca e rovinosa passione, praticamente avevo, come sempre il mondo contro, ma io ero determinato a diventare qualcuno e ormai che ero arrivato dentro il pentolone dovevo restarci a tutti i costi.

Arrivammo prestino a Voghera all’hotel Rally, tanto per restare in tema, scaricammo i bagagli, le gomme per provare (quattro) e partimmo alla volta di Varzi per iniziare il giro che non avevamo fatto. “Per fare le note finiamo ‘ste gomme da terra, che tanto non le usiamo più e poi stasera mettiamo quelle da gara per provare un giro veloce” Questa era stata la strategia per non consumare i poveri Kleber che tiravamo talmente all’osso che qualche volta facevano la gobba prima di cambiarli, molte volte ci capitò di arrivare ad un soffio dallo scoppio, ma ormai avevo imparato che quando il volante iniziava a vibrare significava che le tele erano già andate e restava l’ultima parte della gomma prima di arrivare al nulla… Chi ha fatto il Trofeo in quei tempi si ricorderà di sicuro questo.

La prova partiva appena fuori Varzi con un saliscendi abbastanza veloce, strada strettina dove si passava a malapena in due, c’era un dosso e poi una piccola discesa, mi distrassi un attimo per vedere cosa aveva scritto Loris e mi trovai dentro ad una 500 guidata da due stradini che stavano andando chissà dove, la botta non fu fortissima ma quella 500 era una baracca e le cinture per quei due non esistevano, a momenti i cappelli dei due stradini arrivarono dentro nella mia 112 “Ahi Ahi Ahi… delinquente, ci hai ucciso!!” Iniziarono ad urlare, uno giaceva sdraiato nel sedile sfondato e l’altro saltellava intorno alla mia povera 112 come un grillo. Un casino, chiamarono i Carabinieri, l’ambulanza, anzi le ambulanze perché si fecero ricoverare tutti e due, la scena dell’incidente sembrava ground zero, secondo me quei due sono ancora in mutua da quella volta. Il morale fu che restammo là tutto il giorno anche per colpa di un Carabiniere che solerte ci promise di mandare il carro attrezzi a prenderci e questi mai arrivò. Oltre a questo, il muletto inabile e il morale sotto i tacchi, ora il problema era come ritornare in albergo e come fare almeno le note delle prove che ci mancavano. Fu un casino, la macchina la recuperarono degli altri concorrenti amici con il loro carrello e la portarono nella loro carrozzeria che finii di pagare non so ancora come, noi andammo in albergo in una specie di taxi rimediato sul marciapiede di Varzi. Riuscimmo il giorno dopo grazie alla cortesia di Giorgio Pasetti che mi prestò la sua Ritmo muletto a fare almeno le note che ci mancavano, ma solo le note nulla più.

Ora ero davvero nei pasticci, ma più che per la gara per il proseguo del resto della stagione, se tanto mi dava tanto una milionata e mezzo di danni ci scappava e la speranza di poterli racimolare era davvero minima, un disastro e in più l’arcigno direttore che continuava a telefonare!

Ma le disgrazie non arrivano mai da sole e come se non bastasse alle verifiche non volevano farmi partire, motivo? “Avevo fatto un terribile incidente trasgredendo a non so che regola che andava in vigore proprio in quel rally” passai un pomeriggio da incubo andando a piangere da tutti quelli che conoscevo e no, per fortuna risolse la faccenda Roberto Angiolini a cui telefonai come ultima spiaggia, mi fecero partire ma dopo una sonora sgridata da parte del collegio dei commissari sportivi e tirapiedi aggiunti. Io non capivo, in ogni gara qualcuno picchiava da qualche parte e nessuno aveva da ridire, l’unica volta che questo capitava a me ne usciva un affare di stato, non lo capivo proprio, c’erano piloti che ad ogni gara facevano almeno un frontale, io non l’avevo mai fatto ed ora non volevano che partissi?

Comunque seppur con le mani ancora tremanti, perché ci dettero il via libera solo poco prima della partenza, lasciammo la pedana per andare nella prima prova, Pozzolgroppo mi pare si chiamasse, aveva piovuto ed era già buio, l’asfalto nero di pioggia smorzava la poca luce che i Megalux sputavano fuori e lo sporco dei tagli, inzuppato con un fango scuro rendeva la strada davvero insidiosa, le note erano quello che erano, ma mi sembrava di andare abbastanza forte, eravamo i primi dopo una pausa di cinque minuti dall’ultimo del rally, incontrai una 127 verde contromano che appena mi vide si infilò in un buco del bosco, due motorini e un ape in senso di marcia, Loris ebbe un tafferuglio con qualcuno al controllo stop e con il capo prova della prova successiva, non era possibile ma qualcosa non aveva funzionato con i commissari e qualcuno pensò bene di lasciar muovere la gente dopo il passaggio dell’ultimo concorrente della gara facendomi prendere un paio di infarti e nonostante questo nessuno pensò di interrompere i passaggi.

La notte era sempre più cupa e le strade sempre più viscide, ogni tanto qualcuno volava nel bosco, vedevi due strisce più chiare marcate sull’asfalto e della luce in fondo in mezzo al nulla, oppure trovavi qualcuno arrampicato da qualche parte, noi del trofeo non scherzavamo e i nostri tempi soprattutto in condizioni del genere erano paurosi, si viaggiava nei 15 assoluti e nei primi di gruppo 1 con delle vetture che erano poco più che di serie, con i sedili di serie, un roll bar che a chiamarlo tale era un colpo di insperato ottimismo, insomma ad oggi mi pare ancora impossibile che non si sia mai fatto male nessuno con quegli aggeggi.
La prima tappa quell’anno finiva a Salsomaggiore Terme dove poi si andava sulla terra, noi invece piccoli discoli allegati alla gara vera, dopo un mega riordino a Santo Stefano d’Aveto venivamo rispediti a salice Terme passando per 4/5 prove speciali che facevamo solo noi e “loro” avrebbero fatto la sera successiva.

La fila di A 112 era impressionante, mi pare che ce ne fossero una settantina iscritte a quella gara e vederle tutte dentro al riordino facevano l’effetto di un nido di vespe pronte ad uscire a colpire chiunque, sapevo che non andavamo molto forte, d’altra parte i tempi di quelli vicini a noi lo dicevano, ma quando Loris tornò piuttosto agitato capii che qualcosa non andava “Siamo dodicesimi, è meglio che ci diamo una mossa altrimenti andiamo a casa subito” la frase fece l’effetto di un secchio d’acqua in pieno volto, me ne stavo seduto, quasi appollaiato dentro il minuscolo dodici, con un berretto di lana in testa cercando di mettere a fuoco le prossime speciali e di consolarmi dei danni fatti, quando sobbalzai in aria come se mi avessero attaccato la 380 sul didietro, tutto avrei pensato ma che fossimo così indietro non esisteva, Loris d’altra parte era un computer, con il suo quaderno dei tempi “Olio Fiat” in mano era andato fino in fondo alla fila e ritornato con la bella notizia.

Ripartimmo decisi alla morte, avevamo un apripista solo e dietro partivo io con il compito di recuperare tutto il possibile, ricordo una prova stretta in discesa nella quale mi lanciai dentro scivolando come sul ghiaccio, rischiammo un paio di legnate di quelle giuste anche per colpa delle note piuttosto ottimistiche stilate con il sole e il fondo secco e pulito, non ricordo altro se non la prova del Penice che era l’ultima della gara, una nebbia tremenda affogava la strada dal primo metro all’ultimo, una luce di una falsa alba iniziava a rischiarare il tetro paesaggio, stavamo recuperando lo sapevo, più di così non si poteva andare, ma non sapevamo i tempi degli altri, troppo dietro per poterli aspettare e a dire il vero i trasferimenti con quelle condizioni di visibilità erano davvero un incubo. Dopo un paio di km della prova vidi l’apripista fermo a destra, credo stesse dormendo, non c’era una persona, nessuno, sembrava una situazione irreale, io da solo fiondato al massimo della velocità in una strada che vedevo appena, senza nessuno davanti, ad un certo punto verso la cima del passo fui costretto a spegnere i fari perché nella nebbia si vedeva meglio senza, mi stavo buttando a bomba giù da una discesa senza alcuna luce e senza sapere nemmeno se ero sulla strada giusta, ricordo che lo pensai un paio di volte anche perché non notai traccia di commissari ai bivi, nulla, nulla di nulla, io sparato nel nulla senza rumore e senza fari in mezzo ad una nebbia terrificante, ero davvero suonato, quando ci ripenso mi viene la pel d’oca.

Quando dopo un tempo interminabile, apparve il cartello giallo di fine prova e subito dopo il rosso credo che la pressione del sangue diminuì della metà, eravamo arrivati alla fine dalla parte giusta, tirammo tutti e due un sospiro enorme e ci guardammo in faccia, Loris era pallido, gli occhi sgranati fuori dalla fessura del casco integrale, lui raramente traspariva emozioni, ma quella volta si lasciò scappare “ Madonna come siamo venuti giù!”
“Avete visto l’apripista ?” Ci chiesero quelli dello stop un po’ scettici.
“Si è li che se la dorme dopo un paio di km di prova” Urlai quasi istericamente sfogando la tensione accumulata.
Arrivammo quarti recuperando otto posizioni dal riordino in poi, ci fosse stata un’altra prova probabilmente avremmo recuperato ancora perché il 3° era molto vicino, ma per com’era andata andava bene così.

\Il problema più grosso fu che a causa dell’incidente dovetti poi saltare una gara il Biella per mancanza di fondi e con conseguente rivolta popolare in casa, fu uno dei motivi principali per cui persi la possibilità di lottare per il trofeo e alla fine arrivai secondo dietro ad un bravissimo Cinotto che comunque si era messo ad andare davvero forte sull’asfalto.
Come sempre, ora come allora vale il detto “C’est l’argent qui fait la guerre”