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  17 giugno 2004

“La sua mano si avvicinò toccando la mia e il battito del mio cuore accelerò di colpo. Mi girai e le diedi un bacio. Lei chiuse gli occhi.”

La prima selezione fu drammatica. Nel piccolo paesino di Chiesa Valmalenco conversero almeno 500 ragazze, reclutate tramite un coupon apparso su di un giornale femminile di larga diffusione che invitava costoro a diventare pilota. Io arrivai la sera prima come da programma e rimasi letteralmente sconvolto nel vedere quanta gente ci fosse in giro.

Mamme restaurate più agitate delle figlie, padri severissimi piazzati a sorvegliare ogni mossa della loro cocca, fidanzati gelosissimi appiccicati alle proprie donne come mastini inferociti, tutti quanti camminavano nervosamente avanti e indietro cercando di scovare gli esaminatori di quell’incredibile concorso ideato e realizzato dal vulcanico Maurizio Rossi con l’appoggio della Parmalat e della Ford-Italiana.

Faticai non poco ad uscire incolume da quella baraonda serale assieme al grande amico Stefano Fabbri con il quale dividevamo puntualmente tutte le bettole in cui si servivano alcolici. Eravamo letteralmente inseguiti da stormi di ragazze che urlavano il nostro nome, quasi come fossimo dei celebri cantanti rock, mai vista una cosa del genere, costoro ci mettevano non poco in imbarazzo, noi abituati al solitario rombo dei motori, alla concentrazione nell’abitacolo e alla poca celebrità che il mondo dei motori avaramente ci dava, eravamo a dir poco frastornati da tutto quel movimento.
“Stefano quanto ben di Dio” esclamavo lusingato. “Mah… qui con troppa grazia, vedrai che non si becca nulla” Diceva saggiamente il romagnolo guardandosi intorno.

Il giorno dopo la selezione fu tremenda, una gimkana in un piazzale dalla quale mi sottrassi con grande abilità facendo solo l’esaminatore esterno per otto ore in cima ad un muretto a guardare le prodezze delle candidate, l’amico Stefano invece dall’interno delle vetture sbandierava ad ogni passaggio una enorme croce rossa trovata in un road book abbandonato all’interno di una vettura, era letteralmente terrorizzato dalla funambolica guida delle presunte Michele Mouton che con la massima disinvoltura distrussero ben quattro Fiesta in un piazzale dove era impossibile uscire di strada o comunque creare alcun danno.

Dopo la prova pratica, le ragazze dovettero sottoporsi ad una commissione che valutava il grado d’intelligenza (spesso molto scarso) e c’era anche la commissione estetica che valutava la presenza della persona, il grado culturale eccetera… Peggio di un concorso universitario o d’ammissione all’esercito nei corpi speciali. Ovviamente i posti a disposizione erano pochissimi e le escluse erano tutte decise a dare battaglia.
Si era creato una specie di ufficio reclami nel quale accedevano le escluse incazzate accompagnate da relative mamme urlanti che denunciavano l’assoluta parzialità e partigianeria delle giurie nei confronti della loro povera cocca, colpevole solo ad esempio di aver distrutto una sporca Fiesta con a bordo un terrorizzato demente che urlava a pieni polmoni “Vai Piano scemaaaaa….” .
Fu un manicomio!
Quando calò il buio ci mancò poco che il povero paesino fosse messo a ferro e fuoco come nel ‘600 quando su quelle stesse vallate scesero piuttosto incazzati i lanzichenecchi.
Maurizio Rossi si era dato saggiamente alla macchia ed erano rimaste solo donne contro donne, le esaminatrici e le reclamande, tutti gli uomini si erano volatilizzati, solo qualche papà tentava di placare le ire funeste delle loro care bambine e tentava di farle desistere dall’insano proposito di graffiare e/o mordere la loro simile dietro al banco di quell’improvvisato muro del pianto.
Alla fine dopo vertenze incredibili furono scelte quattordici ragazze che un paio di mesi dopo, avrebbero dovuto partecipare ad uno stage di una settimana a Livigno, dove solo alcuni privilegiati insegnanti potevano assumersi l’onere di accompagnare le pulzelle nella loro formazione tecnico pratica…ecc.
Fu una grossa impresa far entrare Stefano in questa ristretta rosa di privilegiati, ma vista la mia posizione di pilota ufficiale Ford e con una spintarella data dall’amico Sghedoni grande coordinatore dell’intero casino, la terna fu completa.
Prima di partire passai quasi mascherato davanti al famoso ufficio e sulla porta trovai una graziosa ragazza con un bellissimo sorriso.
“Tu sei Vittorio Caneva !” Disse con tono quasi stupito.
“Si, sto cercando di dileguarmi da questo inferno, volevo salutare e partire prima che qualcuno mi incendi la macchina…” Si mise a ridere divertita e mi raccontò in due parole cosa stava accadendo là dentro.
Lei era un’esaminatrice della commissione estetica e in quel momento era uscita per respirare, non potendone più degli assillanti reclami in atto. Ci sbattemmo quasi addosso e rimasi molto colpito dal fatto che mi avesse riconosciuto e mi guardasse con due occhi stupendi.

Un mese e mezzo dopo sulla strada per Livigno a bordo della crepitante Ford Sierra di Max Sghedoni ridevamo come dei pazzi nell’escogitare scherzi e casini per quella settimana di vacanza che resterà per sempre indimenticabile.
“Dobbiamo vuotare gli estintori come abbiamo fatto all’Elba al Fabricia” proponeva Sghed. mentre cercava di guidare la vettura in mezzo al buio della notte. La prima sera fu terrificante.

L’intera camera di Folco-Zambelli finì nel cortile in mezzo ad un metro di neve e alle due di notte viaggiavo in calzamaglia con l’aspirapolvere legato sulla schiena e la musica di Ghost-Buster per i corridoi del tranquillo alberghetto montano.
Il padrone mi sorprese proprio nel momento in cui Stefano, mio fido scudiero ed ispiratore di molte nefandezze, aveva collegato la spina alla corrente e l’orribile arnese aveva iniziato ad urlare mentre la musica era aumentata di volume e le ragazze si erano barricate in camera terrorizzate. “Ma che state facendooooo, io vi sbatto fuori maleducati, questo è un albergo non un manicomio!” Che dire…Avevo torto evidentemente…
Ero in calzamaglia nera con tee-shirt bianca, marchio Ford grande come una casa e l’enorme aspirapolvere caricato sulla schiena, non potevo dire che non centravo nulla, saltavo come un grillo per i corridoi dell’albergo, non c’erano molti argomenti da anteporre all’indemoniato proprietario dell’hotel, infuriato come mai vidi nella mia pur movimentata vita.
“Domani il signor Rossi mi sentirà” Diceva sbattendo malamente la porta di una camera dietro la quale stava rannicchiato proprio il povero Maurizio che tentava di sottrarsi alla furia dell’albergatore.
L’ira fu terribile e il giorno seguente fummo invitati a lasciare l’albergo, con tanto di valigie messe nella hall, solo l’arguta diplomazia di Maurizio Rossi ci salvò dal marciapiede e da una fine anticipata della bella avventura.

Ma due occhi iniziavano a balenare nella mia mente: Nonostante avessi fatto il cretino oltre misura da una camera erano usciti due occhi a guardare la scena e poi si erano ritirati senza dire nulla. “Ma quella …. è…. “ ma che importa, ragionare era un optional a quei tempi in preda a fumi alcolici e a primordiali istinti famelici. “Ma si è lei… vuoi vedere che è anche qui ?”

Si era lei, quella bellissima creatura che 40 giorni prima avevo lasciato in quella bolgia e che mi aveva detto semplicemente… “Spero di rivederti presto ” Subito non ci avevo fatto caso, ma poi ci avevo ripensato. Cavoli era davvero carina, un bel musetto un sorriso da attrice, cavolo ma …. Mi batteva già il cuore.

Al mattino mi alzai ancora stordito dalla serata movimentata, con il padrone dell’albergo che mi guardava in cagnesco mentre ero costretto a rasentare i muri per non incorrere nella sua ira, porca miseria, ma ci sono due occhi nella mia mente… dove saranno adesso? Non feci nemmeno in tempo a pensarci che al tavolo della colazione me li trovai davanti come due fari spiattellati nella grigia alba. “Ciao… Notte dura eh ?” “Beh sai… non riuscivo a dormire… e…. ho scacciato i fantasmi, pensa ne era pieno l’albergo” “Mi sembrava che di fantasmi non ce ne fossero tanti, semmai c’erano litri d’alcool in giro…” Disse ridendo.
Accidenti pensai, ma questa ragazza è stupenda… è anche sveglia, ha capito che ero ubriaco…che donna! Il ragionamento non era ovviamente un granchè ma ne ero già tremendamente attratto. Iniziai un pattugliamento tremendo, che durò un paio di giorni, non la mollavo mai e lei era stupendamente dolce con me. “Ecco che il mio amico Auaha si è innamorato” era il commento di Stefano, Auaha era il nome storpiato di un finlandese col quale avevamo avuto a che fare durante il recentissimo Montecarlo.

“Ragazzi vedo solo due occhi, non esiste altro nella mia vita, voglio morire baciandole le labbra” Dicevo con sguardo sognante tra le risate generali. Le sessioni di guida erano alquanto blande e a nessuno interessava che le ragazze imparassero o meno a guidare, si lavorava due tre ore al giorno poi andavamo a sciare e a fare del casino dappertutto anche nell’hotel dove però stavamo molto accorti, vista la ferocia del padrone.

In seggiovia con abile mossa, studiata a tavolino per ore mi cacciai nel suo stesso seggiolino. Non sapevo che dirle, ero come bloccato e sparavo una miriade di cazzate senza nemmeno sapere che cosa volessero dire.Lei mi guardava divertita da quel mio stato di trance, capiva che volevo solo lei. La sua mano incontrò la mia e senza nemmeno aspettare nulla la baciai. Dietro fu un inferno di applausi ed urla, perché non avevo valutato che nel sedile dietro c’erano i soliti buontemponi, Fabbri in testa, sembrava di essere al Maracanà, che figura. Insomma nonostante tutto eravamo assieme.

Ma gli amici si vedono sempre nel momento del bisogno e gli stessi buontemponi, ovviamente per burla o per invidia, pensarono di organizzare un sit-in fuori dalla mia camera per impedire a lei di venirmi a trovare. Ebbero il coraggio di restare fuori seduti per terra a parlare quasi tutta la notte, quei dementi, mandando a monte il nostro primo incontro.
“Stasera li sistemo io, tu parti presto e vai nella mia camera io arrivo subito dopo” Le dissi dandole di nascosto la chiave sulla strada del ritorno dalla discoteca.
Dopo il solito grappino salutai tutti.  “Notte ragazzi a domani sono molto stanco stasera” Quando i dementi mi videro partire organizzarono subito la malefatta ma io chiusi la porta a chiave e li lasciai discutere tutta la notte per i cavoli loro… Lei era già con me, la videro uscire solo al mattino per la colazione.

Le ragazze debuttarono al rally della Lanterna di Genova e fu un teatro. Prima della partenza sembrava di essere in un asilo, un paio avevano litigato tra loro e si guardavano in cagnesco, una piangeva e un’altra rideva, un’altra era in preda ad una crisi isterica, una aveva piantato il fidanzato colpevole di aver saputo che lei aveva un altro, una sveniva e l’altra fumava, non si può immaginare che cosa facessero quattordici donne insieme, la testa mi fischiava e il buon Maurizio più che un improvvisato team manager sembrava Don Bosco che accudiva ai fanciulli. Dopo la prima prova speciale la macchina scopa si lamentava che in prova ne prendeva tre, fu una gara incredibile e riuscimmo a portarle tutte al traguardo nonostante le pessime previsioni della partenza.

Lei partiva molto più avanti, non con il gruppo selezionato e ad ogni servizio mi cercava per darmi un bacio di nascosto, il fidanzato lo aveva liquidato cinque minuti dopo avermi conosciuto, mentre per me l’impresa era un po’ più difficile, ma ci stavo pensando seriamente.
Seduto nel furgone assistenza a Marciana Marina leggevo per l’ennesima volta il biglietto che mi aveva recapitato tramite una sua amica, i meccanici affannati stavano cercando di cambiare un semiasse che si era torto ed ero consapevole che mi sarei fermato lì. Ma la tristezza che provavo non era quella dell’ennesimo ritiro, bensì per la fine di una delle storie più belle ed intense che mai ebbi in vita mia.

“Speravo tornassi ieri sera, ma quando ho capito che non lo avresti fatto mi sono seduta sul letto a piangere… la mia vita ora torna vuota e sola senza di te, ripensaci Vittorio io ti aspetterò sempre…” Prima di partire per l’Elba ero stato a casa sua come spesso avevo fatto in quei mesi, lei dopo avermi conosciuto aveva lasciato la casa dove viveva con i genitori ed aveva preso un appartamento, io non ero in grado in quel momento di andare a vivere con lei come lei desiderava, non volle aspettare ed io reagii male alla sua insistente richiesta andandomene in malo modo.

La vidi ancora qualche volta di sfuggita ma quasi ci evitavamo per paura forse uno dell’altro, la vita aveva preso un altro corso e non si tornava più indietro.