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  1 giugno 2004

La faccia di Mauro Nocentini non era mai stata così buia. Guardava dentro al cofano delle tre Citroen come se guardasse verso l’entrata dell’inferno. Tutte e tre le vetture erano ferme per lo stesso motivo, guarnizione della testata, solo quella di Verini aveva tenuto qualche giro in più di quell’improvvisato shakedown all’Isuledda. Prontamente Maurizio mi diceva “Se la mia macchina per caso non ha problemi, domani parti con quella” ma inesorabilmente l’indomani eravamo tutti e tre a guardare la prima prova speciale. I rally sono anche questi, fatti di tante delusioni ma anche di rare soddisfazioni.

Quella volta fu davvero drammatica, non riuscimmo nemmeno a partire e ogni volta che resto più di cinque minuti con Mauro il discorso finisce sempre nel “Ti ricordi quella volta in Sardegna?”
Alcuni mesi dopo nei pressi della rotonda di Piancavallo saltavo al suo collo appena dopo aver provato la macchina.

“Grazie Mauro è fantastica vedrai che gara ti faccio ora” Aveva montato delle nuove sospensioni con delle molle progressive a passo variabile che erano una favola, la macchina girava da sola e di fianco a me l’inseparabile Loris Roggia rideva sotto i baffi vedendo il mio entusiasmo.
Ormai il problema delle guarnizioni che ci aveva torturato durante tutta la prima metà della stagione era risolto e la vettura era anche facilissima da guidare.
Per un pilota sentire la macchina è tutto, e quella volta la sentivo come fosse un guanto di seta sulla mano.

Un grigissimo pomeriggio ci salutava mentre lasciavano il palco partenza e una nebbiolina umida ristagnava in tutta l’area, facendo sembrare quel primo week end di settembre la festa di ognissanti. Partivamo col numero 12 e alla prima assistenza arrischiammo montare gli slick nonostante il fondo davvero scivoloso.
“Esce il sole tra poco ” Dicevo guardando un nuvolone molto più nero degli altri.
“Dobbiamo pur rischiare qualcosa, visto che gli altri vanno in intermedi ”
Ad una delle prime frenate le ruote davanti bloccarono di colpo puntando dritto nel bosco. Un colpo di freno a mano, un’imprecazione molto colorita e ci girammo nel senso contrario. In quel tratto la strada era molto stretta e fui costretto a fare alcune centinaia di metri in retromarcia, prima di trovare una piazzola per potermi girare e quindi rimettermi nella giusta direzione, ero agitatissimo quando terminammo la prova con una ventina di secondi di ritardo dai nostri avversari, “Mettiamo gli intermedi per carità, se no qui la tiro nel muro senza ombra di dubbio”

Ma gioco del destino, dopo aver messo gli intermedi esce il sole e la strada torna asciutta in un baleno, complice anche un venticello che spirava scompigliando le cime degli alberi. Dopo pochi chilometri le gomme escono di temperatura e la macchina va dappertutto. “Guida liscio se no si disfano…” Urlò Loris tra una nota e l’altra. Ma non era molto facile, la macchina era inguidabile e il distacco da coloro che avevano messo gli slick aumentava.

“Rimettiamo gli slick” Dico perdendo la pazienza, e così devono aver pensato anche gli altri che ripartono tutti in slick imprecando alla volta del tempo. Allora gli slick erano completamente lisci, senza nessun intaglio e quando pioveva era davvero un’impresa non perdere il controllo della vettura nelle pozzanghere e nei numerosi rigagnoli che costellavano le prove. “Almeno adesso andiamo tutti uguali”

Una nebbiolina sinistra si alzava dalle montagne mentre il buio stava avvolgendo le valli sature d’ umidità, mentre mi avvicinavo al paese di Caprizi per la bellissima quanto famosa prova del Rest. L’enorme montagna ci guardava dall’alto come un gigante in attesa della sfida che noi piccoli moscolini rumorosi gli stavamo portando. Sul vetro grossi goccioloni d’acqua che rimbalzavano sulla strada creando un effetto sfocato.
“Toh che piove di nuovo e abbiamo ancora gli slick” dicevo tra il rassegnato e l’indignato.
“Non dobbiamo farli raffreddare fermati qua e poi ripartiamo all’ultimo” disse Loris con il suo solito colpo di genio. “Ti dico io quando ripartire”

Il primo chilometro fu piuttosto tragico, la macchina scartava a destra e a sinistra come fosse impazzita mentre cercavo di zigzagare nella tempesta che aumentava d’intensità. “Entra nella zona di controllo svelto, siamo nel nostro minuto” Era in effetti un bell’azzardo con i cronometri che c’erano allora, sincronizzati con approssimazione, ma la sua sicurezza non lasciava dubbi.
Quando la mano del commissario addetto alla partenza si ritrasse lasciai dolcemente la frizione senza far slittare troppo le gomme e nel lungo rettilineo feci ancora alcune serpentine per cercare di riscaldarle ancora quel poco che mi era consentito prima di iniziare la terribile salita. Era praticamente buio e la luce dei fari vibrava illuminando le grosse gocce di pioggia e la sottile nebbia che aumentava con l’aumentare della quota.

Fui sorpreso dopo alcuni chilometri nel sentire che nonostante gli slick la macchina rispondeva abbastanza bene, solo dove l’acqua aumentava dovevo fare più attenzione e ogni tanto il cuore andava a mille, quando la vettura prendeva direzioni poco rassicuranti, ogni tanto della terra franata sporcava la carreggiata e un paio di volte fui costretto ad attaccarmi al freno a mano per non schiantarmi. Finalmente il cartello rosso con la bandiera a scacchi. “Bravo bocia sei stato grande” mi disse Loris tra il fine prova e il controllo stop, la prova era volata non me ne ero nemmeno accorto. Terzo tempo assoluto, Cerrato, Capone con la 037 ufficiale e noi con la Visa 1.4, mica male… “Continuiamo ad attaccare dobbiamo recuperare quello che abbiamo perso” Insisteva Loris senza mai agitarsi.

Davanti a noi in classifica al 3° posto assoluto la Ferrari 308 4 valvole di Menes, un gentleman che ci rifilava quasi un minuto ad ogni passaggio della Aviano Piancavallo nella quale i 140 (forse meno) cavalli della povera Visa erano in netto disagio rispetto ai 300 della Ferrari, nonostante questo, costui non ci sopravanzava di molto e la speranza di prenderlo era sempre accesa dentro di noi. Esagerai un po’ su una destra lunga accecando un fanale contro un rail. Mi presi un grosso spavento pensando al peggio e invece toccai appena e fu sufficiente una retromarcia per rimetterci in corsa.

La pipa fumante di Verini mi guardava, mentre sudatissimo scendevo all’ultima assistenza prima della fine prima tappa. “Com’è successo?” “Ma… nulla sono arrivato lungo e ho sfiorato un rail” Una battuta come sempre ermetica quasi a perdonarmi e a mettermi nello stesso tempo in guardia da altri errori.

“Come va la macchina ?” “Perfetta, mai avuto un assetto così bello, non toccare nulla” “La mettiamo da terra per domani” Guardavo di fronte a me Menes che entrava nel camper, anche lui sudatissimo e fumante riflesso dalla luce dei riflettori contro il buio della notte Pordenonese. “Cazzo Loris… Vuoi che non riusciamo a prendere uno con quella faccia, guarda sta tirando alla morte anche lui ?” “Tu non vai a prendere nessuno” disse Verini spuntando dal nulla. “Abbiamo bisogno del risultato se vuoi che corriamo anche il prossimo anno”
Loris rideva perché sapeva che tanto avevo già deciso di prenderlo e nessuno mi avrebbe tolto l’idea dalla testa. Dietro a noi Raineri e Bentivogli erano la scusa per tirare, non troppo lontani ma neanche troppo vicini. “Va bene vedremo che non ci prendano gli altri, almeno” Dissi diplomaticamente.

Rimpiango sempre le notti tranquille di quei tempi. Pur sotto tensione e con gli orari allucinanti io dormivo sempre come un orologio e il mattino cinque minuti prima della sveglia mi allertavo, rilassato come se dovessi andare in ufficio. Ora invece, che in ufficio ci vado davvero, mi sveglio tre ore prima della sveglia…
Ripartimmo per la seconda tappa il mattino seguente alle 7. Il tempo si era rimesso e una gialla alba spuntava da dietro le enormi montagne, mentre ciuffi di nuvole s’ impigliavano qua e là a ricordare il diluvio del giorno precedente.

Cerrato lasciava la pedana per primo con l’Opel manta di Conrero bianca gialla e blu, subito dopo Capone, con la Lancia 037 Totip del Jolly, poi Menes e la Ferrari, bellissima forse la più bella macchina da rally mai costruita e subito dietro noi con la Visa che rispetto alle vetture precedenti era orrenda, la chiamavano di tutto, lavatrice, ferro da stiro, 600 multipla, ma con quella vettura riuscivo a fare cose incredibili. Dietro a noi, Bentivogli, Raineri, del Zoppo, poi Zenere con l’Ascona 400, i due Fabbri, Pregliasco, Pasutti e via via molti altri che comunque erano piloti quotatissimi a quei tempi
“Gli abbiamo dato sette secondi…” Diceva Loris mentre mi toglievo il casco.
“Non so se ce la faremo a prenderlo con questo arnese”
“E Bentivogli quanto ha fatto ?” “Aspettiamo che arrivi, parte dietro!”

Ogni tanto in gara si perde completamente la dimensione di tutto, dimenticando anche le cose più elementari, come l’ordine di partenza. Bruno arrivò come un turbine inseguito da una sassaiola infernale e dal bellissimo rumore del motore Alfa Romeo tirato al massimo. “Cazzo ci ha dato 4 secondi…”  “Aspettiamo anche Raineri e vediamo” dicevo mentre il simpaticissimo Bruno mi guardava attraverso la fessura del casco integrale chiedendomi a gesti se tutto era a posto.

Poco dopo arrivò anche Raineri con la Ritmo gr.A del Jolly colorata Totip. “Gli abbiamo dato sette, via andiamo…Bravo!”
Intanto enormi nuvolosi neri si accatastavano sopra il Pian del Consiglio, una prova terribile che non aveva nulla da invidiare le terribili pietraie greche, lì era prevista una selezione importante e si sarebbe disputata dopo qualche ora proprio quando il temporale si sarebbe scatenato.
Intanto continuavamo la nostra lotta e da inseguitori della Ferrari eravamo diventati inseguiti da Bentivogli. I distacchi che ci davamo erano sempre nell’ordine dei 10-12 secondi a vantaggio ora dell’uno ora dell’altro.
Raineri aveva mollato e non era più un problema per noi, ma il buon Bruno era un mastino attaccato al nostro paraurti. Avevamo sempre un minuto abbondante da difendere, ma lui è sempre stato un grande campione di intelligenza e di tenacia e i moltissimi campionati Italiani vinti ne danno conferma.

Alla partenza della prova di Mezzomonte si scatenò il diluvio universale. Gocce di pioggia accompagnata a grandine picchiavano così forte che diventava quasi impossibile sentire il rumore della macchina. La gente numerosissima fuggiva ovunque, mentre un quasi imperterrito cronometrista infagottato in un impermeabile ci dava il via. “Ma come facciamo ad andare avanti in questa maniera?” Urlavo mentre ero più occupato ad evitare la gente che non a contenere il distacco da quello dietro.  “Ci prende se vai così…” Urlò Loris.
“Cazzo… prendi qua e guida tu allora… Vuoi che ne uccida due o trecento?”
La tensione era al limite, avevo sinceramente molta paura perché gli spettatori erano completamente impazziti, e ce n’erano veramente tanti, tanti e tanti.
“Ci ha dato 20 secondi, testone e in sette chilometri anche…”
La tempesta non accennava a cessare e il buio ormai si era impadronito di tutto, nonostante l’ora non fosse così tarda. “Ora entriamo nel Cansiglio qui si gioca la gara , non fare il cretino” Fu l’ammonimento che ricevetti prima di affrontare la terribile pietraia.

Tre-Due-Uno… Via.  Non si vedeva nulla e il povero tergicristallo inseguiva le gocce di pioggia come un mulino a vento cerca di scacciare i moscerini, lampi illuminavano la buia notte in mezzo alle montagne sperdute.  Mi saliva l’angoscia, qui non si tratta di fare il tempo ma di cercare di sopravvivere il tanto che basta per finire la prova. Il sudore scendeva lungo la fronte e lo sguardo cadeva sempre nello specchietto per vedere in quanto tempo Bentivogli mi avrebbe preso, non si andava avanti!
La cosa che mi preoccupava di più era di fermarmi in mezzo a quell’incubo, ritirarsi lì sarebbe stato tremendo e la cosa mi spaventava, pregavo la povera Visa di sopravvivere ancora un po’ almeno fino a che fossimo arrivati in una zona più accogliente. Fu eterna, non so quanto tempo durò ma quando vidi il cartello giallo con la bandiera a scacchi fui felice.

“Non ti pare di essere andato troppo piano?” Fu il caustico commento. “Ma tu vedevi dove andavamo?” “No”
“E allora che pretendi che lo vedessi io?”  “Intanto non ci ha preso, vuol dire che neanche lui ha fatto miracoli”

Riscendemmo verso la pianura, mentre la tempesta iniziava a scemare. Era un disastro, alberi divelti, rocce franate, terra dappertutto, aveva picchiato duro la bufera. “Che culo, non abbiamo nemmeno bagnato una candela” esclamavo scaramanticamente solo alla vista del furgone dell’assistenza che ci aspettava in centro ad un paesino.
Loris scese e si mise in mezzo alla strada ad aspettare Bentivogli. “Quanto avete fatto?”  Silenzio di tomba, mentre guardavo ansioso la scena. “Ci ha dato 8 secondi” Disse raggiante venendo verso di me.
“Ha anche detto che rinuncia a prenderci avendo vinto il Gruppo A per cui possiamo tirare i remi in barca per le altre tre prove, anche lui ha visto che non ce la farà”

Tirai due pugni per aria come a scacciare la malasorte sempre generosa nei mie confronti e abbracciai Loris. “Cazzo che gara che abbiamo fatto, grazie a tutti ” Gridavo mentre sul cofano tentavo di stappare una bottiglia che tanto per guastare un po’ la cerimonia non cedeva alle mie pressioni. “La porto a casa così e la bevo lo stesso” Urlavo felice.

Fu una gara memorabile, quarti assoluti e ovviamente primi di classe, se di classe si poteva parlare. Quasi cinque ore di prove speciali, una lotteria con le gomme, l’inferno passato due volte, una lotta all’ultimo sangue, prima con quelli davanti e poi con quelli dietro e la consapevolezza che quando la macchina teneva non ce n’era per nessuno…