indietro

comunicati

forum chat mercatino links calendari classifiche fantarally contatti  

newsletter

CSAI News shopping immagini video televisioni trofei statistiche l'opinione chi siamo  

  26 aprile 2004

La piazza era gremita di folla come forse non si era visto da diversi anni. Mai vista tanta gente alla partenza di una gara.

Era la prima edizione del Rally 1.000 Miglia e per Brescia era come tornare indietro di 20 anni quando proprio in quella piazza partiva l’ultima edizione della più famosa corsa su strada del mondo. Gli organizzatori avevano giocato una carta molto importante rispolverando il vecchio nome e il vecchio marchio della inimitabile corsa su strada. Questo risvegliò improvvisamente l’emozione di migliaia di spettatori, che si riversarono con grandissima passione nel percorso di gara.

 

Dopo la vittoria di classe al Rally di Cesena avevo deciso, sotto forti pressione del preparatore, chiamato amichevolmente “mago” per le sue doti di estrosa improvvisazione, di montare il differenziale autobloccante sulla mia 127 super 1050. Il differenziale, fatto da Alquati costava ben un milione e mezzo di Lire e sinceramente ancora non capisco come mai dopo 25 anni lo stesso costasse pressoché lo stesso prezzo….

Una settimana prima della gara la macchina fu pronta, fatto realmente incredibile per quei tempi quando le macchine venivano terminate un minuto prima della partenza o durante la gara. Scelsi Andrea come navigatore, un ragazzo che avevo conosciuto l’anno prima e che aveva una passione pari alla mia. Aveva navigato Enrico nell’unica gara che fece e poi dopo di me divenne famoso per aver corso un paio di stagioni con Franco Cunico prima con la A112 e poi la Stratos dei Concessionari Lancia, era veramente bravissimo.

Ci trovammo quella sera nell’officina del Mago e dopo le solite rifiniture iniziai il collaudo della belva munita finalmente dell’autobloccante. Il Mago mi disse “Per guidarla devi sterzare e accelerare tutto, vedrai come te l’ho regolata” “Vai Andrea che andiamo a provarla” e partii in direzione del centro di Schio. Una specie di shakedown nel centro di una città di 40.000 abitanti. Arrivai al monumento che faceva da rotatoria come una palla di fucile, buttai la macchina di traverso e accelerai tutto come da istruzioni ricevute…. Feci l’intero giro del monumento senza riuscire a raddrizzare il volante, tra gli sguardi attoniti di alcuni passanti e le gambe stirate contro il pavimento del povero Andrea che sicuramente non capì che cosa stesse succedendo.

“Ma cosa hanno combinato adesso” dissi cercando di raddrizzare lo sterzo, “Questo servirebbe per andare più forte ? Quello è pazzo….” Tornai piano e terrorizzato nell’officina. “Ma è tarato da terra” Disse il mago schiacciandomi il solito occhiolino, vai qui dietro che c’è uno sterrato vedrai che lì va bene. Dentro di me esisteva un grande conflitto a quel punto: dovevamo correre sull’asfalto e ci faceva sempre la macchina da terra…. Boh… Comunque fiducioso nei mezzi a disposizione mi scaraventai nello sterrato come una furia scatenata, le mezze misure non sono mai esistite…  Il primo pezzo veloce non andava molto male e iniziavo ad inebriarmi accompagnato dal ruggito del quattro cilindri Fiat che abbaiava rimbombando nella nuda scocca come il motore di un cacciabombardiere. La ghiaia aumentava e all’orizzonte vidi una brutta sinistra avvicinarsi minacciosamente, cercai di buttare la macchina ma questa non rispose per niente e andò dritta dritta contro un muretto….BUM. Tornammo in officina col classico parafango che strusciava contro la ruota, un occhio accecato, il cofano per traverso, una valanga di danni e il cuore a 10.000.

“Ecco il solito” fu il commento del mago, mentre io quasi disperato cercavo la soluzione per aggiustare la macchina che dopo una settimana avrei dovuto usare al 1.000 miglia. Furono molto bravi nel rimettere tutto a posto perché non era una botta da poco, ma esattamente dopo una settimana io ed Andrea guardavamo giù dalla pedana le migliaia di persone che assistevano alla partenza del rally.  Il gommista aveva trovato quattro Pirelli CN36 bollo rosso che erano un lusso a quei tempi (durarono una stagione e le riciclai perfino col Kadett a fine stagione), ne avevamo solo quattro quindi proibito forare altrimenti come scorta avevamo un Pirelli P3 ricoperto in agguato che avrebbe reso ancor peggio la già tremenda situazione.

Una pioggia insistente aveva flagellato le strade e la gara che si svolgeva interamente di notte su prove che non mi erano familiari, rese il fondo molto infido. Andrea fu bravissimo e mi accorsi per la prima volta della differenza tra un vero navigatore ed un appassionato, quale era Massimo o peggio il baldo Gianni per il quale le curve erano tutte piene.

Era molto bello correre di notte, c’era un’atmosfera tutta particolare soprattutto nelle tarde ore in cui si sfrecciava nei paesi addormentati passando incroci e semafori lampeggianti che restavano impassibili al nostro veloce e rumoroso transito. Qualche bar ancora aperto mostrava all’interno facce stralunate attorniate da bottiglie semivuote che guardavano ormai spenti gli ultimi numeri di quell’avvenimento insolito, passare veloci dietro le vetrate semi-appannate.

In prova speciale migliaia di lampi di fotografi e gente accampata in ogni parte con bivacchi fumanti si agitavano anche al passaggio di rottami come il nostro, facendoci sentire dei protagonisti. Il 1.000 Miglia mi restò impresso proprio per questo.

I nostri tempi erano a dir poco eccezionali eravamo sempre tra il ventesimo e il venticinquesimo assoluto primi con largo margine di vantaggio sul secondo di classe che abituato a suonarci come tamburi si meravigliò non poco della nostra strepitosa gara e sportivamente ci faceva i complimenti ad ogni volta che ci scambiavamo il tempo negli anticipi dei c.o.  Evidentemente l’autobloccante aveva i suoi benefici, soprattutto sul viscido e soprattutto le CN 36 erano azzeccatissime per quel tipo di strada.

Ora a quasi 27 anni di distanza i ricordi si sono molto affievoliti ma non potrò mai dimenticare il finale di quella gara che mi resta impresso come fosse stato ieri. Ormai la gara volgeva al termine e mentre costeggiavo la grande diga del lago di Idro illuminata di giallo aspettavo con ansia l’ultimo cartello rosso di fine prova che avrebbe consacrato una bellissima vittoria, la seconda consecutiva.

Mi piaceva sentire il rumore delle marce cambiate in sequenza con il cambio ravvicinato che faceva somigliare la povera 127 ad una vera auto da corsa. Ormai avevo anche preso una discreta mano con l’infernale differenziale. “Bravo abbiamo vinto” mi disse Andrea mentre consegnava la tabella al controllo stop e mi guardava entusiasta attraverso la fessura del casco integrale “Ora dritti a Brescia per festeggiare”.

L’ultimo trasferimento era lunghissimo e, mentre albeggiava, ci fermammo in un bar a bere un meritato cappuccino, con la felicità di aver realizzato un sogno. Risalimmo in macchina. Prima …. Seconda …. Terza …… un tonfo sordo e il motore si spense di colpo. Mi si gelò il sangue, mentre guardavo inebetito il mio navigatore che a sua volta guardava me altrettanto stupito. Provai a girare disperatamente la chiave ma l’avviamento girava libero come se ci fosse solo il motorino. Capii subito che la faccenda era grave, anche perché un sinistro odore di liquido di raffreddamento entrava malignamente nell’abitacolo. Provai ancora e poi ancora, ma non cambiava nulla… Si era tranciata una biella, di quelle alleggerite con la mola a smeriglio (!) e questa nella sua corsa aveva rotto oltre che l’albero a camme e anche il monoblocco.

In tutta la mia vita non ho mai visto un motore rompersi in trasferimento andando a spasso in quel modo e per di più a gara finita, una vera beffa del destino. Ci fermammo lungo un corso d’acqua, ormai era già giorno, fui preso da una disperazione senza precedenti, fermarsi a 20 km. dall’arrivo dopo una notte di gara condotta nel miglior modo possibile, la classe stravinta, non ci potevo credere….. che malasorte, era come svegliarsi da un incubo dentro all’incubo stesso. Aspettammo la macchina che ci partiva dietro per avvisare l’assistenza che ci venisse a recuperare e consegnare a loro la vittoria che ci aveva illusi fino a lì.

Mi misi a piangere seduto sul parapetto del ponte in preda ad uno sconforto senza precedenti. Come sempre minacciai di piantarla con le corse, ma dopo due giorni già pensavo alla gara successiva, non capii mai però come fece a rompersi quel motore…