Dopo la vittoria di classe al
Rally di Cesena avevo deciso, sotto forti pressione del
preparatore, chiamato amichevolmente “mago” per le sue doti di
estrosa improvvisazione, di montare il differenziale
autobloccante sulla mia 127 super 1050. Il differenziale,
fatto da Alquati costava ben un milione e mezzo di Lire e
sinceramente ancora non capisco come mai dopo 25 anni lo
stesso costasse pressoché lo stesso prezzo….
Una settimana prima della
gara la macchina fu pronta, fatto realmente incredibile per
quei tempi quando le macchine venivano terminate un minuto
prima della partenza o durante la gara. Scelsi Andrea come
navigatore, un ragazzo che avevo conosciuto l’anno prima e che
aveva una passione pari alla mia. Aveva navigato Enrico
nell’unica gara che fece e poi dopo di me divenne famoso per
aver corso un paio di stagioni con Franco Cunico prima con la
A112 e poi la Stratos dei Concessionari Lancia, era veramente
bravissimo.
Ci trovammo quella sera
nell’officina del Mago e dopo le solite rifiniture iniziai il
collaudo della belva munita finalmente dell’autobloccante. Il
Mago mi disse “Per guidarla devi sterzare e accelerare tutto,
vedrai come te l’ho regolata” “Vai Andrea che andiamo a
provarla” e partii in direzione del centro di Schio. Una
specie di shakedown nel centro di una città di 40.000
abitanti. Arrivai al monumento che faceva da rotatoria come
una palla di fucile, buttai la macchina di traverso e
accelerai tutto come da istruzioni ricevute…. Feci l’intero
giro del monumento senza riuscire a raddrizzare il volante,
tra gli sguardi attoniti di alcuni passanti e le gambe stirate
contro il pavimento del povero Andrea che sicuramente non capì
che cosa stesse succedendo.
“Ma cosa hanno combinato
adesso” dissi cercando di raddrizzare lo sterzo, “Questo
servirebbe per andare più forte ? Quello è pazzo….” Tornai
piano e terrorizzato nell’officina. “Ma è tarato da terra”
Disse il mago schiacciandomi il solito occhiolino, vai qui
dietro che c’è uno sterrato vedrai che lì va bene. Dentro di
me esisteva un grande conflitto a quel punto: dovevamo correre
sull’asfalto e ci faceva sempre la macchina da terra…. Boh…
Comunque fiducioso nei mezzi a disposizione mi scaraventai
nello sterrato come una furia scatenata, le mezze misure non
sono mai esistite… Il primo pezzo veloce non andava
molto male e iniziavo ad inebriarmi accompagnato dal ruggito
del quattro cilindri Fiat che abbaiava rimbombando nella nuda
scocca come il motore di un cacciabombardiere. La ghiaia
aumentava e all’orizzonte vidi una brutta sinistra avvicinarsi
minacciosamente, cercai di buttare la macchina ma questa non
rispose per niente e andò dritta dritta contro un muretto….BUM.
Tornammo in officina col classico parafango che strusciava
contro la ruota, un occhio accecato, il cofano per traverso,
una valanga di danni e il cuore a 10.000.
“Ecco il solito” fu il
commento del mago, mentre io quasi disperato cercavo la
soluzione per aggiustare la macchina che dopo una settimana
avrei dovuto usare al 1.000 miglia. Furono molto bravi nel
rimettere tutto a posto perché non era una botta da poco, ma
esattamente dopo una settimana io ed Andrea guardavamo giù
dalla pedana le migliaia di persone che assistevano alla
partenza del rally. Il gommista aveva trovato quattro
Pirelli CN36 bollo rosso che erano un lusso a quei tempi
(durarono una stagione e le riciclai perfino col Kadett a fine
stagione), ne avevamo solo quattro quindi proibito forare
altrimenti come scorta avevamo un Pirelli P3 ricoperto in
agguato che avrebbe reso ancor peggio la già tremenda
situazione.
Una pioggia insistente aveva
flagellato le strade e la gara che si svolgeva interamente di
notte su prove che non mi erano familiari, rese il fondo molto
infido. Andrea fu bravissimo e mi accorsi per la prima volta
della differenza tra un vero navigatore ed un appassionato,
quale era Massimo o peggio il baldo Gianni per il quale le
curve erano tutte piene.
Era molto bello correre di
notte, c’era un’atmosfera tutta particolare soprattutto nelle
tarde ore in cui si sfrecciava nei paesi addormentati passando
incroci e semafori lampeggianti che restavano impassibili al
nostro veloce e rumoroso transito. Qualche bar ancora aperto
mostrava all’interno facce stralunate attorniate da bottiglie
semivuote che guardavano ormai spenti gli ultimi numeri di
quell’avvenimento insolito, passare veloci dietro le vetrate
semi-appannate.
In prova speciale migliaia di
lampi di fotografi e gente accampata in ogni parte con
bivacchi fumanti si agitavano anche al passaggio di rottami
come il nostro, facendoci sentire dei protagonisti. Il 1.000
Miglia mi restò impresso proprio per questo.
I nostri tempi erano a dir
poco eccezionali eravamo sempre tra il ventesimo e il
venticinquesimo assoluto primi con largo margine di vantaggio
sul secondo di classe che abituato a suonarci come tamburi si
meravigliò non poco della nostra strepitosa gara e
sportivamente ci faceva i complimenti ad ogni volta che ci
scambiavamo il tempo negli anticipi dei c.o.
Evidentemente l’autobloccante aveva i suoi benefici,
soprattutto sul viscido e soprattutto le CN 36 erano
azzeccatissime per quel tipo di strada.
Ora a quasi 27 anni di
distanza i ricordi si sono molto affievoliti ma non potrò mai
dimenticare il finale di quella gara che mi resta impresso
come fosse stato ieri. Ormai la gara volgeva al termine e
mentre costeggiavo la grande diga del lago di Idro illuminata
di giallo aspettavo con ansia l’ultimo cartello rosso di fine
prova che avrebbe consacrato una bellissima vittoria, la
seconda consecutiva.
Mi piaceva sentire il rumore
delle marce cambiate in sequenza con il cambio ravvicinato che
faceva somigliare la povera 127 ad una vera auto da corsa.
Ormai avevo anche preso una discreta mano con l’infernale
differenziale. “Bravo abbiamo vinto” mi disse Andrea mentre
consegnava la tabella al controllo stop e mi guardava
entusiasta attraverso la fessura del casco integrale “Ora
dritti a Brescia per festeggiare”.
L’ultimo trasferimento era
lunghissimo e, mentre albeggiava, ci fermammo in un bar a bere
un meritato cappuccino, con la felicità di aver realizzato un
sogno. Risalimmo in macchina. Prima …. Seconda …. Terza …… un
tonfo sordo e il motore si spense di colpo. Mi si gelò il
sangue, mentre guardavo inebetito il mio navigatore che a sua
volta guardava me altrettanto stupito. Provai a girare
disperatamente la chiave ma l’avviamento girava libero come se
ci fosse solo il motorino. Capii subito che la faccenda era
grave, anche perché un sinistro odore di liquido di
raffreddamento entrava malignamente nell’abitacolo. Provai
ancora e poi ancora, ma non cambiava nulla… Si era tranciata
una biella, di quelle alleggerite con la mola a smeriglio (!)
e questa nella sua corsa aveva rotto oltre che l’albero a
camme e anche il monoblocco.
In tutta la mia vita non ho
mai visto un motore rompersi in trasferimento andando a spasso
in quel modo e per di più a gara finita, una vera beffa del
destino. Ci fermammo lungo un corso d’acqua, ormai era già
giorno, fui preso da una disperazione senza precedenti,
fermarsi a 20 km. dall’arrivo dopo una notte di gara condotta
nel miglior modo possibile, la classe stravinta, non ci potevo
credere….. che malasorte, era come svegliarsi da un incubo
dentro all’incubo stesso. Aspettammo la macchina che ci
partiva dietro per avvisare l’assistenza che ci venisse a
recuperare e consegnare a loro la vittoria che ci aveva illusi
fino a lì.
Mi misi a piangere seduto sul
parapetto del ponte in preda ad uno sconforto senza
precedenti. Come sempre minacciai di piantarla con le corse,
ma dopo due giorni già pensavo alla gara successiva, non capii
mai però come fece a rompersi quel motore…
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