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  17 febbraio 2004

La valle del Nilo dall’aereo fa una certa impressione, il grande serpente, ricco di storia si snoda pigramente in mezzo ad un paesaggio simile alla superficie di Marte, qualche tratto verde risalta la presenza dell’uomo che faticosamente ha strappato al rosso deserto qualche lembo di terra per coltivarlo. Alla nostra destra un paio di temporali costringevano il pilota a virare dalla parte opposta per non incorrere in noiose e per me terrificanti turbolenze.

Nairobi ci aspettava immersa nella quiete notturna mentre il grosso aereo toccava dolcemente la pista in cemento probabilmente fatta ancora durante la dominazione inglese. Gli inglesi da queste parti hanno lasciato molte abitudini tra le quali quella più demenziale per noi, cioè quella di marciare a sinistra.

All’uscita dell’aeroporto nessuno ad attenderci, una delusione enorme e soprattutto un imbarazzo misto a preoccupazione. Nemmeno traccia di un taxi e dietro il bancone della Europcar due bei negroni ci invitavano con larghe gesta a noleggiare una jeep. Fortunatamente un meccanico tedesco visto la tragica situazione ci offrì un passaggio fino all’hotel Serena.

Piero Liatti e Carlo Cassina ci aspettavano a colazione alle otto, subito allo shakedown e poi a ritirare il muletto per iniziare la ricognizione delle prime prove che loro avrebbero effettuato il mattino seguente.

Ci misi un po’ di tempo per capire tutti gli interruttori della SEAT WRC, il pannello davanti a me sembrava il pannello comandi del Boeing 747 e le spiegazioni dei meccanici si svolgevano su di un foglio che avevo poi prudentemente infilato sul roll bar sopra la mia testa. “Via… dai che andiamo” Davanti a me Toni Gardemaister e Voitto Silander disinvoltamente manovravano per uscire dal workshop mentre io cercavo di lasciare la cortissima frizione senza far spegnere il motore della bellissima (esteticamente) vettura spagnola. Alla prima rotonda ovviamente la vettura si spense in mezzo al caos del traffico di Nairobi.

Giù interruttori, su interruttori e finalmente il motore si riavvia tra i clacson impertinenti delle vetture che mi seguivano e che non accettavano il mio enpasse. “Porca miseria che razza di casino a guidare sto affare” Brontolavo mentre il fido Peruzzi rideva a crepapelle. “Guarda che ci sei su anche tu se andiamo sotto un camion”  Finalmente tra stenti enormi ci portiamo alla partenza della prova speciale dove Toni e Voitto ci aspettavano impazientemente. “Lo lascio andare avanti un minuto per la polvere e poi partiamo”

Il caldo era già insopportabile e il pavimento della WRC lanciava verso i nostri corpi un aria bollente che ricordava una sauna, quando partii deciso verso la prima speciale. La macchina cabrata (più alta davanti, classico per terreni particolarmente brutti) dava un marcato senso di sottosterzo e necessitava di una guida molto precisa, ma la sensazione nel guidarla era fantastica, più si mettevano le marce e più era bello portarla in giro.

Il ritmo altissimo per uno che non guidava da dieci anni mi seccava la gola e le gocce di sudore si infilavano negli occhiali da sole, come se qualcuno mi avesse versato un bicchiere d’acqua in testa. Iniziavo a sentire la fatica, ma non volevo perdere distanza da Gardemaister, solo per dimostrare a me stesso che gli anni anche se passano non segnano il carattere. Ad un certo momento non ne potevo più.

“Mauro quanto manca alla fine della prova” Urlai tra i sobbalzi che facevano ondeggiare la Cordoba obbligandomi ad agitare le braccia tra il ghiaione e i pietroni. “Mancano…….mancano ancora 112 km. circa” “Cooooossaaaaaaa….”

“Che ne dici se rallento un po’” dissi avvilito “Non ce la faccio a tenere questo ritmo” Mi resi mestamente conto che la mia forma fisica non era tra le migliori e cercai un passo che mi permettesse di non morire durante i tre giorni in cui dovevo stare in quella macchina. A fine prova Toni si era dileguato avvisandomi per radio che ci vedevamo all’assistenza e se non avevo problemi lui continuava per la seconda.

Ci fermammo e scendemmo frastornati, mentre una decina di ragazzini spuntavano dal nulla chiedendoci acqua. “Da dove sbucano questi qui, non c’è anima viva nel raggio di chilometri”  Praticamente nudi, scalzi e con delle bottiglie vuote in mano ci guardavano facendoci cenno di volere dell’acqua. Con le nostre bottiglie riempimmo tutte quelle che potevamo e appena queste erano piene i piccoli sparivano nella vegetazione da dove erano venuti.

“Io non entrerei nemmeno con lo scafandro lì in mezzo e loro ci entrano scalzi e seminudi….” “Dai andiamo abbiamo appena 80 km. di trasferimento e poi la seconda prova…. Questa volta è corta, solo 97 km.”  Rientrai nel forno giallo e accesi i numerosi interruttori aiutandomi con il foglio che avevo sopra la testa e via per la savana.

La savana è una cosa impressionante, una pianura infinita senza limiti che si percorre a velocità altissime, ogni tanto un Masai ci guardava passare appoggiato al suo bastone mentre le poche pecore o vacche stavano pigramente pascolando l’erba giallastra, poi zebre, giraffe antilopi ci attraversavano la strada provocando sussulti al ritmo cardiaco già alto per l’elevata temperatura.  Un negro vestito di bianco su una bicicletta pedalava pigramente nello sterrato infinito. “Ma dove cavolo va sto qua, quanto manca al prossimo paese ?”
“Ci sono due paesi distanti tra loro 70 km. qui siamo in mezzo”  Loro non hanno fretta partono e quando arrivano (se arrivano) arrivano. “Secondo me stanotte i leoni hanno da fare”

Tornammo in hotel che era già buio. Tutti ci aspettavano per andare a mangiare al ristorante e la cena fu indimenticabile, un enorme focolare rotondo con attorno almeno 20 persone che grigliavano tutto quello che si muove nella savana, dal coccodrillo al bufalo e forse qualche Masai in bicicletta. Un piatto di legno… non si ordina, ogni tanto passa uno statuario Masai e dice “bufalo” tu fai cenno di si e lui ne taglia una grossa fetta, poi dopo alcuni minuti ne arriva un altro “zebra” e via anche la zebra. Alla fine hai a disposizione una bandiera bianca da issare davanti al tuo posto e allora il Masai tira dritto, hai finito paghi e te ne vai.

Vicino a me Vincente Aguillera numero uno della SEAT Sport mi faceva mille domande sull’ attività della scuola. “Quale pilota del mondiale ti piace di più” “Non c’è dubbio che Tommi è quello che guida meglio di tutti” Dissi senza ombra di esitazione. “Hai ragione…. È quello che raddrizza prima le ruote” Fui entusiasta di trovare qualcuno che la pensava come me.

La sveglia interruppe i miei sogni ad un orario a dir poco demenziale le 3,45 del mattino. Alle 4 e 15 eravamo già in strada nella buia notte tropicale. Dappertutto occhi luminescenti ci guardavano e devo dire che si prova un certo timore attraversare quei posti sentendosi osservati da ogni tipo di animale. “Mauro se incrociamo qualcuno, gridami SINISTRA perché qui è facile fare una frittata essendo abituati a scansarci dall’altra parte, mi è già successo in Nuova Zelanda dove andavo a 30 all’ora e ho centrato un’ambulanza, qui a 200 all’ora non so cosa resti di noi”
Praticamente il nostro compito era quello di controllare minuziosamente il percorso, soprattutto i tratti in cui la strada manca completamente perché è stata spazzata da qualche pioggia tropicale, si piomba improvvisamente in una trincea a 200 all’ora. Ricordo un 600 stop buco zero 1.000.

Mauro schiacciava il trip e io tenevo giù ascoltando il suo conto alla rovescia “500-400-300-200-100 ECCOLO” Inchiodata spaziale e …..  “Ma dove cazzo è la strada…”  La strada non c’era più e c’era una specie di precipizio di 6-7 metri di profondità e non si capiva assolutamente dove passare…

Scesi dalla macchina e solo allora vidi una specie di tratturo sulla destra che scendeva con una pendenza da fuoristrada, misi la prima e scesi, in fondo al torrente bisognava attraversare e tornare su con una pari pendenza ma dal lato opposto. Quando arrivai in cima, non dopo aver preso una bella rincorsa la macchina si impennò e ricadde pesantemente sulla strada dritta.  “Molta attenzione giù a destra e su a sinistra” fu la correzione della nota. Freddy Loix tentò di saltare tutto o non capì bene la nota o chissà cosa e si piantò dalla parte opposta disintegrando la Mitsubishi. Quando ripassammo il giorno dopo c’erano ancora pezzi di colore rosso conficcati nell’altra parte della trincea, una botta da paura che gli costò l’assenza ad alcune gare nelle quali venne sostituito da un giovane spilungone di nome Marcus Gronholm che appena inforcata la rossa vettura si prese il lusso di mettere dietro nientemeno che sua eccellenza Tommi Makinen.

Brutte notizie dalle prime prove, a Piero scoppiarono due cerchi posteriori e anche Rovampera ebbe lo stesso problema. In effetti la vettura dietro andava spesso a tampone scaricando tutte le forze sugli ammortizzatori che finivano col piegarsi, a quel punto la forza residua finiva nel cerchio facendolo esplodere letteralmente. Colin McRae arrivò al parco con 3 gomme bucate e tenute insieme dalla mousse antiforatura ma era in testa.

Mauro si avvicinò furtivamente ad una scolaresca che stava osservando le vetture entrare nel parco. “Che fai vuoi portarti a casa un negretto? Sarai mica diventato pedofilo per caso ” “No prima di partire ho litigato con la ditta per la quale sono rappresentante, fabbricano penne. Ora ho un campionario di 6.000 penne da regalare ai bimbi.” Disse con orgoglio.  Fu una scena incredibile, nessuno guardò più il rally erano tutti addosso a lui che si agitava per cercare di non lasciare fuori nessuno dalla opulenta donazione.

L’alba nella savana è uno spettacolo che merita di essere visto nella vita, sembrava di essere in un film della Disney quando uscimmo dalla prova speciale uscimmo in senso contrario tirando come dei matti per arrivare prima che entrasse Colin con la Focus primo a partire. “Quanto manca….” “Cinque minuti e sei km.”

Fu una corsa contro il tempo e appena ci presentammo davanti alla partenza mezzi di traverso Colin stava per prendere il via. Ricordo ancora gli occhi di Nicky Grist che ci fissava con stupore. “Devi entrare nella prova per 15 km e darmi la situazione di quel tratto, perché scava molto, poi ritorni a inizio prova e ti infili in quella dopo”  “Ma Carlo…. Se mi becco Colin nei fanali che figura facciamo?”

”La strada non è chiusa al traffico e ogni macchina ha l’elicottero sopra che avvisa di eventuali pericoli” Mi rispose con al sua educatissima calma. Non è che si sta tranquilli pensando che da una curva all’altra può sbucarti Colin McRae contromano in prova speciale, ma riuscimmo a non combinare dei casini con un tempismo unico. 

La sera prima avevamo cenato in albergo e nonostante le mille precauzioni qualcosa ci aveva fatto male. Mi infilai in una serie di cespugli sbattendo forte i piedi per cercare di far fuggire eventuali abitanti non graditi e quando uscii pensai che forse ora erano gli animali a fuggire da quella zona, pensai addirittura di ricevere una petizione da parte di qualche associazione ambientalistica per aver rovinato quella parte di savana.
Anche Mauro poco dopo rovinò un tratto di savana, chissà cosa avevamo mangiato e nonostante ci lavassimo i denti con l’acqua minerale tutti furono colpiti da dissenterie pazzesche.  Comunque continuammo il nostro lavoro con la massima cura.

“Molta attenzione guado secco stai in rotaia” si trattava di passare un fiume in secca lungo circa 500 metri dentro al quale la sabbia fine era come i tentacoli di un polipo pronti a catturarti e a impantanarti.  Iniziai il guado in quinta e finii in prima dalla fatica che la vettura faceva ad avanzare in quelle sabbie mobili.

“Pensa un po’ se piove e se questo si riempie d’acqua” mi tornarono in mente i racconti di Munari quando il Safari era di 5-6.000 km. giorno e notte con piogge torrenziali che gonfiavano improvvisamente quei torrenti facendoli diventare dei mostri marini, le vetture erano a due ruote motrici, magari a trazione posteriore…. Pazzesco.

Passavamo dei villaggi dove il tempo si era fermato, o forse non aveva mai iniziato a scorrere, capanne di paglia e fango con gente seminuda ignara di cosa stesse provocando tutto quel traffico e che scappava al rumore del nostro BANG che scoppiettava come fosse la festa del patrono.  Più avanti attraversavamo un bosco in sesta piena quando d’improvviso comparve davanti a noi una Land Rover verdone “SINISTRA” urlò Mauro mentre il fuoristrada scompariva dietro a noi. “Fiuuuuu che spavento! ” “Cavolo se in vita mia avessi preso 50 Lire a spavento sarei miliardario”

Il Safari era questo, traffico aperto, animali dappertutto villaggi passati a razzo in mezzo a bambini che giocavano, in effetti non era più fattibile in sicurezza ed è stato purtroppo eliminato.  Una delle prove tremende di quella giornata interminabile aveva come teatro una strada che chiamarla strada era un ottimismo senza precedenti. Pietre grosse come palloni da calcio conficcate nel terreno facevano tenere una media di 20-30 km/h a meno che non si usasse il trucco del galleggiamento, cioè spararsi dentro a tutta rimbalzando da un sasso all’altro.

Feci 40 km in quella condizione prendendo dei colpi che pensavo aprissero la macchina in due, poi la strada “migliorava” diventando una specie di torrente in secca nel quale si viaggiava a zig-zag evitando delle crepe nel terreno che portavano nelle viscere della terra. Era solo 80 km. ma alla fine ero frastornato. Toni Gardemaister si stava allenando per l’anno venturo e passò gran parte del tempo all’assistenza a riparare praticamente tutto perché la sua macchina si demolì perdendo pezzi per strada. Finita la prova ci fermammo a distribuire penne in un villaggio preistorico e con nostro stupore nessuno conosceva l’utilizzo della penna a sfera, qualcuno la masticava, qualcuno la smontava…

Passammo anche l’equatore, segnalato da un grande cartello e da due baracchini che vendevano souvenir. Poi entrammo in una prova molto lunga e guidata di 165 km. mi divertii un mondo a fare traversi su uno stradone largo e guidato e poi d’un tratto un bel guado profondo.  “Quanto sarà profondo secondo te”  “Mezzo metro non credo di più ma vacci dentro deciso se no restiamo dentro”
Staccai le ventole e mi buttai dentro in seconda, non vidi più nulla e una putrida acqua mi entrò dalla presa d’aria che avevo dimenticato di chiudere, in un attimo ero completamente lavato di quel putridume che mi entrò anche in bocca.  “Porca miseria che schifo, minimo prendiamo il colera”  Ma dovevo tenere giù per passare tutto il guado che era lungo una cinquantina di metri.
“Speriamo di non fermarci qui in mezzo se no addio” L’acqua arrivava a metà portiera e iniziava ad allagare il pavimento. “Via via muoviti che entra dappertutto”

La macchina slittava nonostante avessi bloccato i differenziali, misi giù tutto e finalmente sbucammo dall’altra parte.  “Che cavolo… siamo capitati a bere la merda dei Masai, adesso si che siamo a posto”

Dopo una decina di chilometri piombammo a tutta velocità in una specie di guado di sabbia e questa entrò sempre dalla presa d’aria rendendoci tutti e due color del deserto.

Quando arrivammo all’assistenza i meccanici ci guardarono spaventati. “Que ha pasado Vitorio?”
La cosa che mi incuriosiva di più mentre guardavo fuori nel trasferimento erano alcune baracche tipo quelle in cui i carpentieri stivano gli attrezzi, la sola differenza era che su queste c’era scritto HOTEL….
“Ma mi vuoi dire che dormono la dentro?” “Di notte saranno due o tre sotto zero e di giorno vanno a più 50 magari si fanno anche pagare per quell’alloggio”  Il resto un paesaggio di povertà e di sporcizia gettata ovunque.

Il mattino seguente di nuovo in piedi ad un’ora indecente e via subito con la macchina che ormai mi stava scomoda, avevo male dappertutto la schiena a pezzi fracassata dallo sconquasso del giorno precedente in cui in certi tratti risultava perfino difficile tenere i piedi sui pedali.  Toni e Voitto erano usciti alle 2 con un coraggio senza precedenti e senza pensare che l’autonomia della macchina era di due ore, quindi alle 4 erano fermi….

“Non li capisco i finlandesi, rischiano di farsi mangiare dai leoni per poi stare fermi tre ore ad aspettare la benzina…. Mah”  Entrammo in una specie di casello autostradale diroccato fatto ancora 20-25 anni fa e lasciato tale e quale, era un’autostrada con tanto di spartitraffico nella corsia opposta. Mi lanciai ad una buona velocità e allentai un po’ le cinture che iniziavano a segnarmi la pelle.

Dopo una decina di minuti nella solitudine più assoluta mentre ero assorto nei miei pensieri un boato mi risvegliò facendomi sobbalzare sul sedile. L’autostrada aveva un pezzo che era franato chissà quanti anni fa e la strada diventava improvvisamente uno sterrato accidentato sul quale piombai a 150 km/h. “Ci lamentiamo poi delle nostre strade, guarda qua che razza di casino, pensa se uno ci va dentro con la macchina di serie, minimo si ammazza”

Il Kenya è così imprevedibile e misterioso come la faccia dei Masai avvolti nei loro variopinti mantelli che ti guardano e fuggono appena provi a fotografarli o ad avvicinarli. “Pensano che gli rubi l’anima se li fotografi”  “Oppure magari… con qualche sterlina si convincono, mi sa che sono furbi invece”

Mi fermai a fotografare una bellissima donna avvolta da un vestito giallo variopinto che si voltò indispettita mentre dall’altra parte un altro Masai mi correva incontro agitando un bastone, non fui mai così veloce ad avviare la macchina e codardamente a fuggire. 

La gara volgeva al termine e sulla penultima prova Piero ruppe il motore lasciando un quarto posto che poteva essere un successo enorme viste le cinque forature.  Noi parcheggiammo la WRC nel service park con una certa gioia viste le condizioni pietose in cui ci aveva ridotto. Salimmo assieme ai due piloti sul fuoristrada e rientrammo a Nairobi scherzando sulla mia esperienza in questa bellissima gara.

Ho avuto in questo modo la fortuna di riuscire a vedere anche il Safari, prima che questa gara fosse cancellata per sempre dalla faccia della terra. Una gara che avevo spesso sentito raccontare davanti ad un buon bicchiere di vino e un fuoco che crepitava da parte di una persona che fece del Safari una sua sfida personale, per molti versi fu il mio maestro e la mia guida durante quasi tutta la mia carriera. Sandro Munari.